“E ricorda:  perché la vita non ci sfugga bisogna annotare quanto di interessante, strano o sconvolgente ci capiti di osservare. Solo analizzando e confrontando le mille scoperte dell’uomo, ci renderemo pienamente consapevoli del vivere”.

Siamo nel 1470: chi pronuncia queste parole è addirittura il Verrocchio, l’illuminato maestro di Leonardo da Vinci. E sapete bene cosa ha prodotto questo insegnamento per la storia dell’umanità. Io, nel mio piccolo, cerco di mettere immediatamente in pratica, aprendo la Moleskine già qui, sull’aereo di andata, in partenza per un nuovo viaggio verso l’Africa.

Dall’oblò del Boeing 717 che dal Cairo fa rotta verso Dar Es Salaam, si scorge una veduta senza eguali: il maestoso Nilo, dispensatore di vita, con la sua striscia di verde ed intorno il Nulla Imponente del deserto del Sahara, che davvero non credevo fosse tanto immenso.

 

Arrivati a Kidichi, 15 Km a nord di Stone Town, Zanzibar, ci accoglie  Aasim nella sua rigogliosa piantagione. “Questa è terra di SPEZIE! Nella vostra lingua si chiamano curcuma, cannella, chiodi di garofano, noce moscata che viene da Muscat, capitale dell’Oman, cardamomo che ha origine in India…” ci spiega ogni arbusto così nel dettaglio che sembra davvero di essere caduti nel mezzo di un Manuale di Botanica.

 

 

Dal finestrino di un Dalladalla conto la vita scorrere nei villaggi ai lati della pista di polvere che attraversa la foresta, la gente che si sposta, le ceste sulla testa, ciabatte di plastica e sorrisi.

Un paese che non ha ancora venduto l’anima all’Occidente.

Non c’è alcol sull’isola ma basta quest’aria ad inebriarti: ti gira la testa dal tanto colore utilizzato PURO, senza bisogno d’esser stemperato. Pensavi che le foto sulla guida  fossero state ritoccate in saturazione. Invece no. Questo luogo è veramente così.

Alghe, reti, remi, barche, tele, vele tuttoblu_intorno. E ti prendi la soddisfazione di stare un’ora pucciato in un mare che pare più che altro l’acqua per la pasta, caldo e salato al punto giusto…

Circondato soltanto da una linea bianca, sabbia di seta sottile negazione del nostro mondo sovraffollato, talmente lucente che paradossalmente dà fastidio agli occhi, se la fissi così a lungo_

La marea è un’entità misteriosa, magnetica, viscerale. Mentre contempli l’Oceano  guadagnare lentamente il terreno perduto, pensi a quello spazio di centinaia di metri che_non_è_terra_e_non_è_mare unico frammento che, fortunatamente, non può essere utilizzato per nessuno scopo e quindi rimarrà sempre così com’è.  SGOMBRO DI SOVRASTRUTTURE.

Di notte le stelle vogliono far credere che sappiano galleggiare nel cielo a pochi passi dalla punta del mio naso, poi, ogni tanto, cadono ubriache strisciando l’INFINITO e non ti fanno sentire sulla pelle tutti i chilometri che ti separano da casa. Non riconosco nulla di questa volta stellata: non ho dimestichezza con la geometria celeste che s’approssima al Tropico.

Appiccico uno ad uno i miei pensieri come vele fatte di avanzi di tele cucite insieme [niente è inutile in Africa, ogni cosa si ricicla]. GUARDO_ANCORA_LONTANO Non ti chiedere questo mare dove finirà ma soltanto il prossimo viaggio fin dove arriverà.

Jambiani è uno spazio a sé, un luogo da sgranare un piede dopo l’altro, con tranquillità, curiosando in giro, fermandoti a parlare con le persone che incontri.

D’altra parte siamo in Africa, dove è ancora possibile guardare, comunicare, capire, conoscere, confrontarsi, direttamente, con gli occhi e con la voce.

Per me, qui a Zanzibar, sono stati importanti I PASSI. I chilometri percorsi sulle rive, nella giungla, sui sentieri di terra, non mi hanno stancato: mi hanno migliorato.

“Puoi girare il mondo in aereo e vedere molte cose, ma se fai ogni centimetro a piedi ti guardi dentro, vedrai chi sei”. Sotto i nostri sandali, la terra cambia sempre gradualmente, come una notte che piano piano, con incessante magia, muta in alba.

Jozani Forest, Zanzibar

«L’impossibile esiste solo finché non troviamo un luogo per renderlo reale».