Le prossime due puntate raccontano un cammino molto particolare che ho intrapreso non allontanandomi da casa ma assorbendo e tramutando in arte tutto ciò che ho visto e vissuto durante il girovagare intorno al mondo di questi anni. Si tratta del mio viaggio nella pittura, di come ho cominciato a dipingere e come ho rivissuto quel preciso istante in cui è scoccata la scintilla esattamente vent’anni dopo.

L’inizio si bagna di un sogno sudato e caotico che stenta a materializzarsi da una vorticosa confusione di gesso, stucco e polvere. Si distinguono solo i colori:  un carminio acceso e un nero fumo opaco. Non sono spennellate, sembrano piuttosto graffi, incisioni, segni concitati squarciati nella tela. La musica invece è chiara e cristallina, c’è. Un riff di chitarra in SOL maggiore, alternato, ritmato, affilato sostiene il ritmo in 4/4 che riempie l’aria, inebria il fiato, sprigiona energia fragrante. Ecco, ho la vibrazione giusta.

Nel sogno dipingo. non l’ho mai fatto nella realtà ma sembro persuaso da una forza ancestrale, tangibile, amica. Ferisco il colore sulla tela spatolando con veemenza espressionista, come per voler buttare via tutto quello che non serve insistendo nella parte centrale. Nella convulsione scompaginata che dirige le mie mani mi taglio persino un dito ma vado a vanti mischiando il colore con il sangue che fuoriesce. Continuo a levare l’acrilico che si sparge intorno: scavo, raschio via il non necessario, riduco alla sintesi, faccio ardere ciò che è importante: il gesto.

Mi sveglio, come ogni mattina alle 6:38 per prendere il treno. Seguo assiduamente le lezioni all’Università: Geologia del Quaternario e Botanica Sistematica. Nel tragitto di ritorno dalla stazione, d’improvviso sterzo la bicicletta e faccio una piccola deviazione. Mi fermo al colorificio sull’angolo e detto l’elenco al commesso, con precisione cadenzata: so bene quello che voglio. Afferro il sacchetto e mi precipito a casa.

Spalanco la porta della mia stanza. Imposto a ripetizione sul lettore quel brano di un CD degli U2 che ho trovato in camera di mio fratello e premo “play”. Comincio a pennellare con armonia gesti rapidi e indiscutibili, già memorizzati. Sono inginocchiato a terra, stregato da una forza magnetica, procedo sicuro, quasi senza guardare la tela.

L’ombra ferita 18 cm. x 24 cm. Stucco e acrilico su tela graffiata.

Il risultato arriva in breve e capisco all’istante quando mi devo fermare. Lo osservo: è esattamente come nel sogno. Stesse sfumature ruvide, stessa impressione al tatto, stessa densità ritmica. Definitivo. Come la musica da cui è stato generato. Così è cominciato il viaggio nell’Arte del dipingere.

Ivo Stelluti,

Il Viaggiator Curioso

30 luglio 2002