'Café im Zürcher Belvoir-Park', 1935-37'Cafè im Zurcher Belvoir-Park', 1935-37

Varlin e gli scrittori – Entrare nello studio dell'artista, sfogliare i suoi appunti, penetrare nei suoi pensieri. Una pubblicazione dedicata interamente al rapporto tra l'artista svizzero e gli amici scrittori; tra gli incontri a Zurigo, e le visite nella casa di Bondo, in provincia di Trento o gli omaggi scritti a lui rivolti. Willy Varlin, una figura che ha segnato l'arte del secolo scorso, che si racconta, nella mostra, attraverso poche ma significative opere. I soggetti prediletti spaziano dagli affetti di una vita ai luoghi che lo hanno accolto e affascinato nei suoi numerosi viaggi. Una lettura dell'artista nei testi contenuti nel volume e nei contributi che lo caratterizzano, descritti con le parole del curatore Stefano Crespi.

Quali sono le caratteristiche del Taccuino n°6 dedicato a Willy Varlin?
"L'omaggio a Willy Varlin è una bella intuizione avuta dall'organizzazione del Premio Chiara, che esamina due aspetti importanti: il primo quello di frontiera, Varese-Lugano, Svizzera-Italia, rimarcato in più occasioni dal Premio. E' la prima volta, inoltre, che si ricorda Varlin nella testimonianza degli scrittori: suggestiva e originale. Varlin non si colloca in un codice situazionale formalizzato e grazie agli scrittori viene raggiunta la parte più scura, dolente e indicibile dell'artista".

Un Taccuino che rimarca l'aspetto di frontiera, raccogliendo contributi svizzeri e italiani.
"Il 'quaderno' si apre con uno scritto prefattivo di Bruno Corà, direttore dei Musei di Lugano. Una testimonianza emblematica accanto a quella di Mario Botta, che con sguardo da architetto presenta 'L'occhio di Varlin'. Proseguono i contributi uno stralcio di Friedrich Dürrenmatt, certamente lo scrittore svizzero con maggior e più profonda affinità con Varlin. La Svizzera è un paese senza mare, senza lontananza, come uno spazio bianco. Dürrenmatt sa leggere la coscienza tipica di Varlin, il rovesciamento grottesco dell'esistente. Una frase è emblematica di Dürrenmatt a comprendere quello che è il pathos di Varlin: 'E' bello nascere in Svizzera. E' bello morire in Svizzera. Ma che si fa nel frattempo'".

'Giovanni Testori', 1971-72'Giovanni Testori', 1971-72

Diversi i protagonisti italiani che hanno partecipato alla pubblicazione.
"La testimonianza più significativa è quella di Giovanni Testori. Nel 'quaderno' viene riportato un testo pubblicato nel 1975 da 'L'Europa Letteraria' di Vigorelli con il titolo 'In visita a Varlin'. Giovanni Testori ha potuto incontrare l'opera di Varlin attraverso un suggerimento di un critico di Torino, Luigi Carluccio, direttore anche alla Biennale d'Arte di Venezia. Testori comincia le sue visite all'artista quando questo è a Bondo, luogo che diventa nella scrittura di Testori un disguido della dimenticanza, una zattera delle nostre ultimative speranze, un congedo linguistico, una deflagrazione. Testori ha dedicato a Varlin undici testi, che nell'insieme suscitano quasi un'evocazione drammaturgica tra la fine della lingua e una scrittura senza fine che è suono, emozione, vanità. Testori continua a ribadire che nel '900 viene ad essere rappresentativa una triade in figura: la sublime interiorizzazione di Giacometti, la tragica immanenza di Bacon, la sconfinata lingua del corpo di Varlin. Nella sezione italiana figurano anche alcuni scritti testimoniali di Giorgio Soavi, Vittorio Sgarbi e Alain Toubas".

Come per le pubblicazioni precedenti, quella di Vittorio Tavernari per esempio, il Taccuino n°6 contiene uno scritto firmato dall'artista?
"Alla fine del quaderno ci sono frammenti biografici e autobiografici; una lettera di Varlin e un pensiero-ricordo da parte della figlia Patrizia Guggenheim".