Un particolare dell'operaUn particolare dell’opera

Quanto ci piace? – Ma il Caravaggio di Villa Mirabello, piace o non piace? E soprattutto: sta riuscendo nell'intento di attirare l'attenzione del mondo culturale del nord Italia su Varese, come si auspicava l'Associazione Varesevive nel farsi carico dell'impresa? Stando ai dati si e no. Le cifre raccontano di una affluenza che dopo circa un mese di apertura, sono poco meno di 1800 i visitatori saliti al colle Mirabello per onorare la presenza dell'opera attribuita al Merisi. Cifre attendibili perché certificate dal personale del museo stesso con una media giornaliera considerevole di circa 90 frequenze. Un dato cui va aggiunto, sottolineano, un cospicuo numero di omaggi e la folta presenza all'inaugurazione, ricordata come tra le più chiccose degli ultimi anni a Varese.

L'incompiuta – Cifre rispettabili, in senso assoluto per la sede archeologica, che pure ha visto in altri momenti diverse migliaia di visitatori, nel remoto e nel recente passato, dalle mostre di Cairo, a quella di Guttuso, a quella più recente dedicata ai Celti. Ma sufficienti per rimanere soddisfatti? Probabilmente no: un Caravaggio in 'casa' è cosa troppo rara per non avvertire che quel numero, ripetiamo considerevole – specie se rapportato alle esangui cifre della splendida mostra Carte d'arte, organizzata l'anno scorso dalla stessa Varesevive – dia il senso di una incompiuta.

Manca l'aura – La Madonna annunciata di Antonello da Messina esposta l'anno scorso al Museo Diocesiano fece in una cinquantina di giorni circa 50.000 visitatori. La Dama con l'ermellino di Leonardo, proveniente in via del tutto eccezionale da Cracovia, ne raccolse 70.000 a Milano, il doppio dei visitatori a Firenze e 120.000 a Roma. Sono i primi termini di paragone di eventi espositivi pensati intorno, o soltanto, con un unico, leggendario capolavoro, di solito di difficile accessibilità. Qui manca l'aura leggendaria, se non nel nome. Ed è in ogni caso difficile fare paragoni parlando di centri che masticano arte quotidianamente, e che quotidianamente di capolavori a disposizione ne hanno girato ogni angolo.

Il battage consistente
– Varese, no, non è abituata; resta da capire allora i motivi per cui la città e il suo richiamo non abbiano sfondato, soprattutto al di fuori dai propri confini, dando per scontato che potrebbero arrivare a 2000, 2500, o anche 3000 quando all'inizio di giugno l'opera riprenderà la strada di casa. Siamo poco sopra le medie del Guttuso in Sala Veratti, siamo tutto sommato in linea con le normali medie di mostre di buon livello. E dire che, rispetto a Carte d'arte, il Sacrificio di Isacco ha goduto e sta tuttora godendo di una esposizione mediatica non eccezionale, ma nemmeno minore. Manifesti, di taglia diversa sui muri, il regalo mediatico della visita del ministro Bossi, l'eco intrinseca di nome, un battage di stampa consistente seppur non sempre e necessariamente allineata a condividere totalmente l'attribuzione garantita dai curatori.

"Poi non si dica che non si fa cultura a Varese", si lamentava nei giorni scorsi un autorevole esponente di Varesevive, conscio che sin qui l'esito non è  esattamente all'altezza delle aspettative. "La stessa mostra Carte d'arte fatta qui a Varese, a Milano, al Pac, e a Firenze, ha registrato numeri ben diversi, pur essendo meno ricca di quella di Villa Mirabello", continuava. Dov'è il problema, allora? Dentro di noi o fuori di noi? Nella scarsa convinzione con cui comunichiamo le nostre iniziative alla città stessa, per non dire al di fuori? O è il Caravaggio, neppure il Caravaggio, questo Caravaggio che non riesce a convincere? Ora c'è Fai il pieno di cultura, chissà che il Sacrificio non si riscopra improvvisamente un ottimo propellente.