Ermanno CristiniErmanno Cristini

Approfitto dell'intervento di Sacchetti (artevarese.com 22/09/10) per esprimere qualche considerazione a proposito di un'Accademia di Belle Arti a Varese. Sono felice che Flaminio Gualdoni abbia recentemente affermato questa necessità (artevarese.com 09/09/10). Più o meno negli stessi termini io insieme a Roberto Pugina e a Luciana Soru da circa cinque anni stiamo elaborando un progetto relativo ad un'Accademia delle Arti. Le motivazioni sono appunto le medesime sottolineate da Gualdoni: la presenza di quattro Licei Artistici nell'area tra Varese e Milano; il bacino rappresentato dal Canton Ticino e il collasso di Brera.

Tale progetto è stato sinteticamente presentato da me un paio d'anni fa ad un'assemblea dei comuni, presente Flaminio Gualdoni. Naturalmente non intendo rivendicare alcun diritto di primogenitura dell'idea; quella di un'accademia a Varese è storia vecchia: una dozzina d'anni orsono il Ministero ne autorizzò l'apertura (e se non ricordo male anche proprio per interessamento di Flaminio Gualdoni), poi stoppata dall'allora sindaco Fumagalli. E semmai se di primogenitura si deve parlare, ad onor del vero questa va a Vittore Frattini il quale già alla fine degli anni settanta si era adoperato per dare al Liceo Artistico di Varese uno sbocco di studi superiori.

Dunque è questione questa di cui si parla, a tempi alterni, da circa trent'anni. Il progetto elaborato da me insieme a Pugina e Soru non pensava ad una "costola di Brera", ritenendo che Brera, di suo, non abbia ormai più neppure uno scheletro; piuttosto si ispirava ai tre/quattro modelli d'eccellenza presenti sullo scenario europeo: la Saint Martin School a Londra, La Rietveld Academie di

Il Parco di Villa MyliusIl Parco di Villa Mylius

Amsterdam, l'Universitè Paris 8° a Parigi, l'Accademia di Dusseldorf.

Una struttura flessibile, fatta quasi esclusivamente di "professori in visita", con una didattica centrata sulla contaminazione dei linguaggi e una vocazione internazionale. Il progetto, completo di analisi del bacino d'utenza, contenuti didattici, assetto organizzativo e piano di business redatto da una società specializzata, giace nei cassetti delle amministrazioni comunale e provinciale, ed è naturalmente a disposizione di Flaminio Gualdoni.

Dunque un progetto "chiavi in mano", che partiva proprio dal presupposto di recuperare uno dei tanti immobili industriali dismessi presenti nella provincia. Con un investimento finanziario, a parte l'immobile, decisamente modesto e recuperabile in meno di un quinquennio. Poi le vie della politica l'hanno condotto più recentemente ai fasti di Villa Mylius. Infatti è proprio su questo progetto, grazie all'interessamento di Arturo Bortoluzzi e di Varese Europea che il Politecnico di Milano ha effettuato uno studio di fattibilità, da cui è appunto risultata la fattibilità. E ne siamo tutti contenti! Dice Sacchetti: mancano i soldi. Verissimo; i comuni e più generalmente il "pubblico" oggi in Italia non hanno neppure più gli occhi per piangere figuriamoci per sognare!

Credo però che prima ancora ci sia un problema di cultura. La situazione tratteggiata da Sacchetti: l'ex caserma lasciata cadere; il teatro provvisorio/definitivo ecc. ecc, in prima istanza sono il segno di una condizione di sottocultura che contraddistingue questo paese e questo territorio in particolare. Anche questa è storia vecchia; parlando di arte, se così non fosse, il "cuore" della collezione Panza starebbe a Varese, o quanto meno in Italia e non negli Stati Uniti, dove invece è. Oggi tale condizione risulta particolarmente esasperata. L'Italia è un'anomalia europea e la "Padania" è un'anomalia nell'anomalia. L'"autenticità" si identifica con il locale con l'effetto che affermando il "genius loci" a prescindere dal "genius", resta solo il "loci". Una visione anacronistica prima ancora che rozzamente conservatrice. Non ho mai creduto nella cuccuma fogazzariana e tantomeno credo nella sua versione volgarizzata: la salamella. Fermo restando che bevo molto caffè e sono goloso di insaccati, quando

La rotonda di BuguggiateLa rotonda di Buguggiate

l'orizzonte culturale si arresta, demagogicamente, ai confini della salamella è difficile parlare di cultura, che invece presuppone, in assoluto, confronto e scavalcamento dei confini, e lo presuppone a maggior ragione oggi al cospetto di società sempre più complesse e multiculturali.

Il sindaco recentemente parlava di "virtuosi percorsi insubri" a proposito della Fiera Campionaria di Varese. Ritenere automaticamente "virtuoso" ciò che è "locale" non conduce da nessuna parte; mantiene i piedi ben piantati in quella palude dagli esiti farseschi, di cui è esempio significativo il ridicolo monumento ai ciclisti che troneggia da una rotonda sulla lacuale. In questo contesto diventa difficile pensare che possa trovare posto una scuola d'arte con vocazione internazionale, a prescindere dalle risorse finanziarie. Quando in una stanza le finestre restano chiuse si forma inevitabilmente un odore stantio; mi pare che tale sia la condizione. Io sono a Varese per caso e spesso, felicemente, in transito; le mie iniziative mi conducono a frequentare l'Europa ed è per questo che sono convinto che il problema sia oggi più che mai quello di aprire le finestre. Poi, allora, forse, al di là della siepe si possono anche trovare i soldi.