Monsignor RavasiMonsignor Ravasi

Il Ravasi pensiero – Vorrebbe acquistare la Crocifissione di Joseph Beuys e metterla in una chiesa invece che in un museo; stima particolarmente Arnaldo Pomodoro; è amico di Tadao Ando e Alvaro Siza e gli piacerebbe che chi si mettesse ad operare al servizio lo facesse senza genuflettersi, preoccupato esclusivamente di cosa alla Chiesa possa piacere. E sopratutto insiste: "Il mio sogno è quello di vedere la Santa Sede intraprendere a Venezia un dialogo con l'arte contemporanea davanti ad un pubblico internazionale". Non solo su pittura e scultura, ma anche su architettura e musica contemporanee. "Dobbiamo preservare l'eredità artistica, ma un giorno arriveremo anche a occuparci della contemporaneità". Signore e signori, è il Monsignor Ravasi pensiero. L'ex prefetto della Biblioteca Ambrosiana ed attuale Ministro per la Cultura del Vaticano su nomina pontificia, ribadisce la sua posizione di estrema apertura che aveva stupito tutti qualche mese fa, quando per la prima volta a pochi mesi dal suo insediamento, anticipò la sua intenzione di creare uno spazio d'arte sacra nella rassegna biennale in Laguna.

Come San Luca – La conferma del suo intento e tante altre validissime riflessioni, soprattutto sul mondo dell'arte e sul rapporto arte-sacro, arte contemporanea e istituzione ecclesiastica vengono da una lunga ed interessante intervista rilasciata da Monsignor Ravasi a Ute Diehl, giornalista della Frankfurter Allgemeine Zeitung e riproposta nel numero di novembre de Il Giornale dell'Arte, all'interno dell'allegato "Vernissage", accompagnato da una vignetta in cui l'ecclesiastico è raffigurato come un novello San Luca, il patrono dei pittori.

J. Beuys, Crocifissione,1963J. Beuys, Crocifissione,1963

Non lasciate che gli artisti vengano a me! – E che Ravasi sia una sorta di possibile, novello mecenate religioso del terzo millennio non ci sono dubbi. Nemmeno sul tipo di arte che vorrebbe rappresentasse queste nuove istanze: "Da quando ho avuto questa idea della Biennale – racconta nell'intervista – sono stato sommerso da domande di partecipazione. Gli artisti hanno iniziato a esercitare pressioni in massa. Si tratta di artisti della peggior specie, che propongono un'estetica lacrimevole e sentimentale. Mi inviano piccoli modelli di sculture. Vorrei dire a tutti di non presentarsi neppure. Sono io che vado alle ricerca". E ancora "Ci vorranno anni per dar vita ad un gusto diverso, ma bisogna pur cominciare". Banditi i modelli ormai kitsch, le iconografie ormai superate, progetti allestitivi più da buon anima del parroco che da grande artista, ecco le nuove frontiere e i nuovi territori che secondo il responsabile della cultura vaticana gli artisti dovrebbero tornare ad affrontare.

Scarso feeling con la creatività – Recuperare il linguaggio dei simboli, riattivare un linguaggio vivo, lo stesso di cui la stessa Chiesa è sovente sprovvista; tornare ad includere nel lavoro la ricerca del bello estetico ma in particolare l'urgenza delle domande ultime; sul divino e sulla trascendenza. Per le quali, Ravasi, da buon intenditore, fiuta le eccezioni. Beuys ad esempio. "La Chiesa avrebbe potuto acquistare negli anni Sessanta la Crocefissione di Joseph Beuys. Sarebbe stato un grande segnale. Due bottiglie vuote che una volta contenevano riserve di sangue, un po' di legno e filo di ferro. (…) Forse allora è proprio la Chiesa invece ad aver perso il contatto con la creatività".

Lo sdoganamento e la realtà – E con il mercato come la mette il Monsignore? Non lo demonizza, certo, spiega. "I grandi principi della Chiesa del passato commerciavano in arte. Mi posso immaginare che in futuro ci sarà un'arte cristiana che trova il suo mercato. Il problema è che nessuno osa affrontare questo argomento". E anche questo aspetto è pronto per essere sdoganato. Così come una possibile apertura degli spazi espositivi vaticani al contemporaneo, sulla scorta di quanto fatto di recente dal Louvre, ospitando la antologica di Jean Fabre, tuttora vivente.
Con il nuovo direttore dei Musei Vaticani, prefigura Ravasi, anche questo potrebbe essere possibile. Solo alla fine dell'intervista il prelato si lascia sopraffare da una nota realistica. "Sono sempre pieno di idee in merito ma i miei piani molto spesso si infrangono di fronte alla realtà".