Nomen omen – Un fortilizio costruito sul finire del XV secolo, pare da una famiglia varesina, i Macchi. Un nome, un destino. Cinque secoli dopo, il Castello Manfredi torna idealmente nella disponibilità di una Fondazione che porta lo stesso nome, quello del più significativo prelato nella storia religiosa della città, il segretario di Papa Paolo VI, Pasquale Macchi. Lo fa grazie ad un accordo che consente agli eredi testamentari del prelato di disporre in concessione l'edificio acquisto dal Comune di Varese, in epoca Fumagalli e fino ad oggi rimasto senza una destinazione d'uso certa.

L'eredità – Nello spazio, adibito fino alla sua recente chiusura a laboratorio di gioielleria, e per un momento offerto a Carlo Alberto Lotti per farne una scuola di restauro, troverà posto, oltre agli uffici della Fondazione, ai locali per manifestazioni culturali a disposizione dell'amministrazione, anche parte dell'importante lascito storico-artistico di Monsignore. Un fondo che consta di migliaia tra opere d'arte, documenti di corrispondenza privata, scritti, volumi artistici e di dottrina.

Lo spazio del raccoglimento – Una sorta di allestimento è già stato configurato: all'ultimo piano dell'edificio sarà collocato quel che concerne la figura di Paolo VI, nei documenti e nei reperti conservati dal fedele segretario. "Non ci saranno – avverte Riccardo Broggini, vicepresidente della Fondazione – alcune testimonianze di particolare significato emotivo, come il pugnale con cui il pontefice venne colpito a Manila, o le vesti ancora segnate dal sangue". Da tempo questi, come altre parti del lascito, hanno preso la strada del Centro Studi Paolo VI a Brescia. In compenso verrà ricostruito al piano inferiore lo spazio del raccoglimento privato di Monsignor Macchi: un altare, un tabernacolo, un crocifisso. In un altro spazio la ricca biblioteca, al vaglio di storici e cospicua di documenti e testimonianze dirette di alcuni dei più importanti accadimenti in vita del Pontefice e della storia di quegli anni.

Il mistero svelato
– Ci sarà, naturalmente, un' ampia porzione di quel fondo artistico, di cui ancora non si conosce l'entità complessiva, se non in qualche numero: 300 olii di dimensioni varie, sculture bronzee, oggetti devozionali, che dovranno ancora essere giudicati da una specifica commissione che ne valuterà pregi ed entità.
Tempi previsti per la messa in funzione di questo nuovo spazio espositivo, che ripristina un antico punto di aggregazione dei pellegrini verso la via Sacra, non lunghissimi. Si parla di qualche mese: il tempo di  provvedere ad una sistemazione generale, alle realizzazione di impianti antiintrusione. Costo preventivato, 190.000 euro a carico della Fondazione stessa. Poi il mistero del lascito non sarà più tale per il pubblico.