Ci scrutiamo reciprocamente da qualche interminabile istante. Lui, seduto al limitare della sua capanna di fango e lamiera. Io, in piedi davanti a lui.

Ha il viso solcato da secoli di steppa arida e pietraie. Probabilmente non ha nemmeno trent’anni, ma ne dimostra quasi cinquanta.

Accenno imbarazzato un sorriso. Continua ad osservarmi immobile. Non abbiamo modo di comunicare. Nemmeno il mio autista capisce la sua lingua e non ci sono altre persone nel raggio di decine di chilometri. Oltre alla direzione per il villaggio, avrei un sacco di domande da porgli. Forse anche lui vorrebbe chiedermi qualcosa.
Ma nulla accade. Continuiamo a guardarci, avvolti in un  silenzio sconcertante.

Inaspettatamente fruga nella bisaccia di pelle di capra ed estrae un pezzo di pane secco. Me lo porge dentro una ciotola di plastica gialla, ricavata da una tanica di benzina tagliata. Lo ringrazio con un gesto, prendo coraggio e lo addento. E’ durissimo: direi quasi un fossile del Giurassico. A mia volta prendo da una tasca una moneta e cerco di appoggiarla nelle sue mani, ma lui si tira indietro, rifiutando l’offerta. Io insisto. Lui accetta.

Le scorte di carburante sono ora legate sul tetto della jeep. Il mio autista mi chiama a gran voce. E’ già tempo di ripartire. Mi esce un’unica espressione illudendomi che possa capire: “Thank you.”

Mi stringe la mano, con solennità, come per copiare un gesto visto forse da qualcuno passato prima di me. Poi mi indica la direzione da prendere per il villaggio, rispondendo alla mia iniziale domanda. Così, dopo un quarto d’ora, senza voltarsi, indicando un punto nel nulla. In quell’istante comprendo la sovrabbondanza del nostro parlare, del nostro agire occidentale.

Mentre mi allontano in fretta verso la macchina mi giro ad osservarlo un’ultima volta e lui è sempre là, con gli occhi fissi su di me, che soppesa con la testa ogni mio passo.

Quando apro la portiera per salire in auto, sento che pronuncia forte una sola parola, nella sua lingua.

“Forse vuol dire Buon Viaggio”, mi dirà più tardi l’autista.

“Forse questa è l’Africa che andavo cercando”, rispondo piano.


Ahmed Ela, Dencalia (Etiopia), 1 gennaio 2018