Progetto della futura Gam

L’idea di valorizzare gli antichi edifici della città di Gallarate e di potenziare il loro significato storico e culturale non è nuova. Anzi. Già nel 2001 Silvio Zanella, allora direttore della Civica Galleria d’Arte Moderna, chiese all’Assessore all’Urbanistica, l’attuale sindaco Nicola Mucci, 5mila mq di spazio espositivo per realizzare un sogno che fosse non solo culturale ma anche sociale , che non servisse soltanto per riunire gli ormai numerosi fedelissimi della cerchia degli Zanella ma che rappresentasse l’intera cittadinanza. E tutti, politici e giornalisti oltre ai comuni cittadini, a stento soffocarono le critiche.

Ci fu chi parlò semplicemente di un’esponenziale esasperazione del momento e chi di un’umile invocazione per ottenere un miracolo. Fatto sta che pochi credettero nell’effettiva possibilità di realizzare un progetto che comprendesse 5mila mq di museo cittadino.
Eppure qualcuno ci pensò. Un nuovo museo avrebbe dato lustro alla città, attirando su di sé l’attenzione dei comuni limitrofi e non solo. Avrebbe ospitato mostre d’importanza internazionale garantendo, al pari dell’esperienza di Trento con il Mart e di Brescia con Palazzo Martinengo ed il complesso di Santa Giulia, un futuro culturale corredato da un ritorno economico per la città da non sottovalutare.

L’amministrazione comunale di Mucci dunque si mosse: dapprima cercando di capire dove si sarebbe potuto costruire un edificio così grande e successivamente in che modo.

L’urgenza c’era. La Civica Galleria di Viale Milano non riusciva più a contenere tutto: collezioni permanenti, mostre temporanee, archivio, biblioteca, depositi ed uffici, per non parlare dei laboratori didattici, già dislocati altrove, venivano soffocati da spazi non idonei ad un Museo.

Progetto della futura GamDa qui la ricerca di un luogo adatto alla costruzione di un edificio ‘specialistico’, non residenziale. E l’utilizzo delle aree dismesse, su cui si lavorava proprio in quegli anni, portò alla scelta della zona ‘vuota’ dietro al Cimitero Maggiore, poco frequentata durante il giorno e mal frequentata la notte, ossia la Via De Magri.

Qui c’era una struttura industriale risalente agli anni Trenta-Quaranta, usata dall’amministrazione comunale come magazzino, ormai in decadimento, ma grazie ad un valido team di architetti composto da Miano, Moretti e Provasoli coadiuvati dagli Ing. Altieri e Grimoldi e dall’Arch. Bossi oggi il miracolo si è avverato.

E con una conferenza stampa nella Sala Auditorium del nuovo Teatro Gassman, ex Cinema Condominio, è stato presentato il nuovo Museo di Gallarate dal Sindaco, dalla direttrice Emma Zanella, dall’Assessore Delodovici e dai tecnici che hanno lavorato instancabilmente e che continueranno fino alla sua ultimazione.

Il progetto risulta diviso in due lotti funzionali.
Il primo riguarda la ristrutturazione edilizia del vecchio edificio
, tra l’altro di buona fattura, che ha comportato la formazione di due nuovi piani al suo interno destinati alle esposizioni temporanee e permanenti, a cui si aggiungono al piano terra una serie di superfici destinate a zona di stoccaggio e ricezione delle opere richieste in prestito temporaneo per le mostre, depositi per le opere di proprietà del museo e laboratori didattici. Il tutto per 2820 mq progettati da Maria Luisa Provasoli per conto dell’Immobiliare Venegoni.

Il secondo lotto riguarda l’ampliamento del primo e la chiusura scenica del complesso. Al vecchio edificio è stato affiancata dunque una nuova struttura composta da un ampliamento a L collegato al primo e conclusa da una quinta rettangolare e da un semicerchio o esedra, che fa da fondale per chi arriva da Viale Milano e che costituisce l’entrata del Museo, inglobata in una vetrata a doppia altezza. Il tutto per 2065 mq suddivisi tra il piano terra, destinato ad ingresso biblioteca archivio uffici amministrativi sala riunioni e caffetteria, primo piano e soppalco come spazi espositivi. Qui guida, mente e matita appartengono a Pier Michele Miano e a Carlo Moretti. E mattone rosato e vetro sono stati scelti per le finiture della parete tonda e di quella retrostante, per continuità con la scelta stilistica del Boito nell’adiacente Cimitero Maggiore.

Dignità classica ad un intervento moderno dunque per un edificio considerato ‘monumentale’, per l’imponenza estetica e per il significato culturale, sociale ed anche politico che vuole lasciare ai posteri. Per dirla con le parole di Moretti: “E’ la celebrazione di un risultato nel quale la cittadinanza si riconosce per trasformare scenari ambientali. E’ l’ipotesi di nuovo sviluppo che costituirà elemento fondante di nuova crescita”. E Gallarate celebra se stessa.