Donna seduta, 1969Donna seduta, 1969

I primi passi – "Un uomo appassionato d'arte che si è spento troppo giovane". Aldo Ambrosini vede muovere i primi passi di Antonio Pacchiarini nel mondo dell'arte e lo ricorda così. "Veniva abitualmente nel mio studio e passavamo il tempo a discutere d'arte, lui mi mostrava le sue opere e io gli davo il mio parere". I due artisti varesini hanno condiviso diversi momenti a partire dai primi anni di lavoro di Pacchiarini, quando come 'allievo' si è presentato nello studio di Aldo. "Non mi va di esser definito maestro perchè non sono stato maestro di nessuno" ci dice Ambrosini "però diciamo che ho fornito a lui le armi del mestiere, poi è cresciuto da solo e ha maturato un suo linguaggio". "Aveva un buon senso della pittura, ma la sua fragilità di salute non gli ha concesso di impegnarsi quanto avrebbe voluto. Lavorava tutti i giorni e meritava di esser frequentato" conferma Ambrosini. I due si sono conosciuti nello studio di un altro artista varesino, Oreste Quattrini, dove seguivano dei corsi di pittura e scultura. Erano gli anni '60 e Pacchiarini sviluppa una ricerca pittorica vicina a quella di Ambrosini, sono gli anni dei nudi femminili resi con un tratto violento, contorni allargati che rimandano all'espressionismo tedesco.


Nudi femminili – Sono proprio i nudi di quegli anni ad essere maggiormente apprezzati anche da Ambrosini "anche nella mostra che apre alla Veratti io avrei fatto una scelta più selettiva, in realtà c'è una produzione più interessante, come per tutti gli artisti anche Antonio ha cambiato e analizzato altri temi, a volte non proprio riusciti". Uno scarto si nota infatti dalle opere della giovinezza a quelle della maturità. La forza, l'immediatezza e lo stravolgimento delle figure nei primi anni lascia poi spazio, sul finire della sua vita, a dei paesaggi un pò anonimi. La ricerca di Pacchiarini raggiunge risultati più alti quando l'artista si lascia coinvolgere dal recupero delle influenze straniere, Bacon in primis. Le sue figure vengono snaturate da cromie accese, innaturali, che esprimono l'essere invece

Il porto, 1977Il porto, 1977

dell'apparire. "In un secondo momento ha iniziato a creare forme surreali, forme espressionistiche anche di denuncia sociale, e forse è un esperienza che era giusto che facesse, anche se poi non è riuscito a cambiare rotta perchè non ha avuto il tempo" sottolinea Ambrosini. Il riavvicinamento alla realtà, negli anni '80 e prima della morte produce lavori meno convincenti e distanti da quell'analisi così al passo con la contemporaneità. Oltre al corpo femminile l'artista guarda anche alla natura che restituisce con particolari prospettive, sfaccettata su più piani, in stile cubista o a volte ribaltata.

Un ricordo dovuto –
Accanto a questi soggetti compare anche il sogno, la realtà onirica che crea immagini che sono illusioni, sempre accese dai toni di rossi e gialli preponderanti sulle tele. La mostra che aprirà venerdì a Varese espone una trentina di tele, per lo più di grande formato e qualche opera più piccola. Un insieme di lavori appartenenti in gran parte alla collezione di famiglia, Domenico il fratello ha dato un grande contributo per la realizzazione dell'esposizione. "Allargando lo sguardo all'orizzonte varesino e scoprendo gli artisti che lavoravano negli stessi anni di Pacchiarini bisogna riconoscere a quest'ultimo un valore, un'abilità non scontata. Se dobbiamo riferirirci ad un contesto provinciale direi che Pacchiarini ne esce bene" ci dice Ambrosini" Pacchiarini si meritava una mostra e sono felice che hanno deciso di dedicargli uno spazio in città".

Antonio Pacchiarini Monografia
dal 5 al 18 settembre 2008
Presentazione di Luciana Schiroli e Interventi critici di Luigi Piatti e Aldo Ambrosini
Sala Veratti – Varese – Ingresso libero –
Orari: martedì-domenica 10.00 -12.30 / 14.30 – 18.30
per informazioni: 0332.255284 – 0332.917065 – 347.3004187