
Perchè Munari "politecnico" ? Perchè è il racconto di un artefice poliedrico, sperimentatore, del suo ruolo nell'arte italiana ed europea, nel corso del Novecento e dei legami che lo hanno portato ad essere un protagonista eclettico di numerosi movimenti artistici. Bruno Munari ha utilizzato l'arte come originaria forma espressiva. Pittura, scultura, proiezioni luminose, cinema, teatro, fotografia, collage e design sono tutti ambiti e mezzi praticati da Munari, raccontati nella mostra prima e confluiti e approfonditi nei saggi che compongono il volume, grazie alla condivisione di ricerche attivate in ambienti accademici europei e statunitensi.
132 pagine fitte di concetti, analisi e riflessioni, con una ricca bibliografia finale per aprire ulteriormente gli orizzonti sulle possibilità di approfondimento. Il taglio non è di certo da libro divulgativo, ma è un tassello importante che contribuisce in modo davvero preciso e puntuale a restituirci la figura poliedrica dell'artista. Basti scorrere l'indice per capirlo. Il volume è diviso in tre parti: nella prima sono ospitati i saggi specifici su problemi storico-critici; nella seconda un momento di riflessione avvenuta a latere della mostra milanese; nella terza parte, infine, è stato approntato un abbecedario munariano in cui ogni lemma rinvia ad un altro.

Marina Pugliese apre invece il volume dando conto dell'origine della mostra al Museo del Novecento, con opere in gran parte dalla collezione di Bruno Danese e Jacqueline Vodoz che nella molteplice veste di amici, collezionisti, editori e industriali, per decenni hanno sostenuto e incentivato Munari a sperimentare linguaggi, fungendo spesso da complici di alcuni incontri e sconfinamenti.
L'idea nasce nel novembre 2013 quando Marco Sammicheli viene incaricato di realizzare il progetto, poi condiviso da Giovanni Rubino, di acquisizione dell'intero fondo Munari della Vodoz-Danese, fondazione piombata in un contesto di crisi, da parte del Museo del Novecento, in cambio di un contributo economico da erogare in più anni. "La Fondazione – scrive Marina Pugliese – chiedeva al museo di dedicare in pemanenza una sala museale all'artista, di realizzare una mostra, di conservare e rendere disponibile la Collezione Munari redigendone un catalogo scientifico".
L'operazione estremamente delicata e complessa, soprattutto per motivi di denaro, è stata arenata sul fronte dell'acquisto parziale dalla negazione della Sovrintentenza, la quale aveva decretato l'unicità del nucleo e di conseguenza l'impossibilità di frazionarlo. "In questo modo la città ha perso una occasione importante per celebrare in modo degno uno dei suoi più grandi maestri – conclude – mentre ad oggi le opere giacciono imballate negli spazio non accessibili al pubblico di una Fondazione in crisi".
Un libro che compensa efficacemente l'assenza di un catalogo inerente alla mostra, a cui manca solo un adeguato corredo di immagini.
Contributi di: Marina Pugliese (IIC San Francisco), Massimo Cirulli (Fondazione Cirulli), Jeffrey T. Schnapp (Harvard University), Pierpaolo Antonello (Università di Cambridge), Matilde Nardelli (University College London), Maria Antonella Pelizzari (City University of New York), Atto Belloli Ardessi (fotografo, grafico e collaboratore di Bruno Munari), Carlo Branzaglia (Accademia di Belle Arti di Bologna), Anna Mazzanti (Politecnico di Milano), Margherita Zanoletti (Università Cattolica di Milano), Luca Zaffarano (munart.org), Giampiero Bosoni (Politecnico di Milano), Ginevra Bria (curatrice e critico d'arte).