Novità al Chiostro di Voltorre, innegabili. E' cambiata la gestione, e questo è noto. Dalla cooperativa Fabrica Arte si è passati all'Associazione Amici del Chiostro. Debora Ferrari ha lasciato il timone a Enzo Lucenz, scultore del varesotto dai trascorsi internazionali, parigini in testa.

E' cambiata, almeno nelle intenzioni, la filosofia espositiva; sicuramente quella gestionale, più parca almeno nelle elargizioni da parte della Provincia. Tanto che ancora a tre giorni dall'inaugurazione si stavano ancora cercando i faretti mancanti. Per illuminare le opere. E questa volte omen nomen non basta, Lucenz non è sufficiente a fare la luce che serve.

Di certo è cambiata la linea di comunicazione, la grafica, che il maestro ha voluto improntata alla verticalità: negli stendardi di presentazione, con i titoli e le effigi degli artisti in mostra, nel formato dei quaderni di mostra, persino nelle didascalie, che ora predilige un formato di difficile lettura, specie nel posizionamento.

E nella scelta, per la mostra di lancio, di un artista di certo vicino al cuore del nuovo direttore artistico, quel Mimmo Rotella che da Catanzaro, dove nacque nel 1918, risalì prima l'Italia, a Napoli, poi Roma, poi gli States, Parigi, infine Milano dove si spense giusto all'inizio di quest'anno.

In qualche modo la mostra di Voltorre ha un suo piccolo record: anticipa di una settimana la grande antologica ordinata dal Musée des Beaux-Arts a Villa Steinbach di Mulhouse; una cinquantina le opere, curata da Luigi Cavadini in collaborazione con la Fondazione Mimmo Rotella.

Qui non si tratta di una vera e propria antologica. Al Chiostro sono 32 le opere del maestro, provenienti in gran parte, se non tutte, da gallerie o collezionisti locali. La prima sala ha uno snodarsi folgorante con opere storiche dei primi anni Cinquanta, i Rotella che entrano direttamente nei manuali; le opere, che più di più di una volta, alquanto arrogantemente gli fecero affermare "l'arte moderna l'abbiamo rivoluzionata io, Burri e Fontana: il manifesto pubblicitario strappato e di nuovo incollato sulla tela, collage e dadaismo, prefigurazione della pop-art insieme.

Il resto del percorso vira però troppo presto su una produzione più tarda, con molte opere post 1990, in molti casi siglate dopo il 2000, quasi senza mordente. Per certi versi affascinanti ma meno significative forse rispetto alle attese. Artista stupendo, naturalmente, Rotella, da sfruttare meglio anche nelle riproduzioni fotografiche in catalogo.

Se sarà vera gloria fin dall'esordio della nuova gestione lo dirà il tempo e i numeri, soprattutto. L'ambizione è quella di portare, senza aspettare molto tempo, migliaia di visitatori, in un posto ritenuto negli ultimi anni sottoutilizzato.

In contemporanea, vi sono le quattro mostre interessanti dei nostri Ranza, Ricardi, Ribolzi, Mandelli. Tutti scultori, di cui altrove in questo sito si parla più diffusamente. Spiace dover però leggere nei testi introduttivi al quaderno di mostra frasi del genere: "La rassegna (…) vuole essere una prima riconognizione delle forze attive che operano con serietà e professionalità nel nostro territorio".
Ognuno vuole essere sempre il primo di qualcosa. Dimenticando che sono anni che lì come altrove l'arte varesina trova uno dei suoi naturali sbocchi.