Busto Arsizio – Buona parte della nostra quotidianità – e quindi dei nostri consumi, svaghi, attività e altro – traslocherà nel metaverso. Il futuro sembra attenderci in una realtà virtuale parallela dove, accessoriati di speciali cuffie e visori, ci muoveremo ed entreremo in relazione con gli altri sotto forma di avatar tridimensionali. La parola metaverso è diventata prepotentemente d’attualità, fino ad essere tra le più usate del 2021, dopo che Mark Zuckerberg ha annunciato il cambio di nome e di indirizzo di Facebook Inc., la società che possiede un intero ecosistema di piattaforme (l’omonimo social Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger) ed è diventata Meta. Al cambio di nome è corrisposta una più ampia mission aziendale che si prefigge di creare in un tempo relativamente breve un’esperienza totalmente nuova di internet, un metaverso in cui tutti “saremo in grado di teletrasportarci istantaneamente come in un ologramma per essere in ufficio senza doverci spostare, a un concerto con gli amici o nel soggiorno dei nostri genitori a chiacchierare.”

Trent’anni e non sentirli
Il termine metaverso fa la sua apparizione per la prima volta una trentina di anni fa, nel 1992 nel romanzo di fantascienza Snow Crash dello scrittore americano Neal Stephenson. Quello di Facebook non è il primo esperimento di realtà virtuale parallela. I pionieri della rete ricorderanno sicuramente Second Life, il mondo virtuale elettronico lanciato nel 2003 in cui alcune importanti aziende organizzarono grandi eventi e persino colloqui di lavoro. Fu un fuoco di paglia e dopo un primo entusiasmante momento di migrazione Second Life fu abbandonata dagli internauti e dagli investitori. A proposito di questi ultimi va detto che il metaverso muove investimenti importanti: nello spazio di Decentraland, la piattaforma basata sul mondo virtuale 3D che ha appena ospitato il primo matrimonio nel metaverso, gli utenti, dopo aver creato il proprio avatar, possono acquistare e rivendere lotti di terra pagandoli in criptovaluta. Una società di investimenti americana, nel 2021 ha reso noto di aver investito 2,4 miliardi di dollari in appezzamenti di terreno virtuali nel distretto della moda di Decentraland allo scopo di organizzarvi sfilate di moda e di vendere abiti e accessori digitali agli avatar.

Un mondo migliore
Cosa succederà quando vivremo parte delle nostre esistenze in un mondo virtuale in cui ogni nostro singolo movimento potrà essere monitorato e le occasioni di indirizzare le nostre azioni aumenteranno a dismisura? E’ lecito chiederselo. Quello che si evince è che al di là di ogni promessa di smaterializzazione e di fuga dal mondo reale, i mondi virtuali ad oggi non hanno fatto altro che replicare i modelli di competizione e consumo della nostra realtà, riproducendone disparità e diseguaglianze, non esclusa la corsa al potere di sempre. Sarebbe forse il momento, invece, di fermarsi un attimo e di pensare ad un reale cambiamento mettendo in atto azioni per un mondo migliore, che sia digitale o meno.

M.Giovanna Massironi