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"Uno dice "la storia dell'arte". Vabbé, ma poi manco si sa bene cosa sia quest'arte qua. Prendi i sassolini pitturati dal Neanderthal, le armi intagliate dal Sapiens Sapiens, le Veneri cellulitiche paleolitiche. Erano arte? Se lo erano non ce lo sapevano". (…) "Non pretenderete che vi faccia la storia dell'universomondo da cima a fondo. Sono mica un prof, non ne ho la stoffa. Non ci tengo a esserlo, né ci tesi mai".

Travestimento furbetto quello di Pablo Echaurren che firma la sua "Contro storia dell'arte. Breviario di un bastiancontrario": linguaggio colloquiale, confidenziale, facile, di tutti i giorni, al limite del bigino casereccio famolo strano.
Eppure, quello che promette di essere un libro in grado di sovvertire la solita storia trita e ri-trita dell'arte e dei suoi accidenti (in quarta di copertina: "questo manualetto è un primo passo per riappropriarsi dell'arte senza farsi schiacciare dal peso della cultura calata dall'alto, asfissiante e pedante"), è tutt'altro che opera candidamente innocente.

Si sa che dietro l'ironica maschera di fraterno raccontastorie, "si nasconde" il figlio in carne ed ossa del pittore surrealista cileno Sebastian Matta, l'autore di Parole ribelli. I fogli del movimento del '77, di Controcultura in Italia 1966-1977, di Il suicidio dell'arte: da Duchamp agli sciampisti e di Corpi estranei. Neosituazionisti, antiartisti, anarcoalieni, nomi collettivi.

massimo siragusa - Pablo Echaurren 2005 courtesi massimo siragusMassimo Siragusa – Pablo Echaurren, 2005,
Courtesy Massimo Siragusa

E così, nel breviario, si parte dalla Preistoria, quando "la creatività era l'unica forma di sopravvivenza" e "ad alto tasso di utilità", e si arriva alla Classicità, con la sua valle dei templi di Agrigento, "uno sgomento arcobalenico che faceva a pugni col paesaggio, una cassata, un luna-park cromatico traumatico", e poi via veloci su Medioevo, Gotico e Trecento, per poi planare sul Rinascimento quando "si stabilì che la bellezza risiede nell'armonia, che all'astrazione dovesse sostituirsi la commozione, l'espressione…".
Dopo Barocco e Neoclassicismo, si passano in rassegna tutti gli -ismi: Impressionismo, Puntinismo, Simbolismo, Espressionismo, Cubismo, Futurismo, Dadaismo, Surrealismo, Astrattismo, fino a schiantarsi contro il Pop e, di lì, al Retired Harrier della Tate.

È vero che non ci sono note a pie' di pagina (che fa tanto barone accademico), non ci sono paroloni fastidiosi, sciorinamenti concettual-sociologici, ma Echaurren infarcisce per bene il suo amico-breviario delle tesi di Ranuccio Bianchi Bandinelli (sull'arte romana), di

ricostruzionericostruzione

Gombrich, di Erwin Panofsky e de L'abate Suger e l'abazia di Saint-Denis.

"Pazzo" di Marinetti, Echaurren, per contro, ha un "fastidio di stomaco" a parlare del Surrealismo per certe vicende famigliari ("Sono di parte. Non ho una visione serena e distaccata" (…) "Io il Surrealismo lo vedo come una chiesa retta da un papa assolutista e molto poco surrealista. Benediceva, ordinava, scomunicava. Dettava regole di comportamento interno. Bacchettava sulle dita chi non ubbidiva").

Quelli che… "io ti insegno la storia dell'arte" –
Il breviario bastiancontrario risulta poco sovversivo proprio in questo andamento cronologico da manuale bravo-bravo, tanto eurocentrico, spesso italianocentrico. Ogni secolo messo in fila per benino dietro all'altro, ogni corrente, ogni movimento.
Più autenticamente e totalmente sovversiva sarebbe stata una libera – e disordinata – carrelata di singole opere, di singoli artisti, senza menar il can per l'aia del Rinascimento, del Manierismo e del Barocco.
 
Tanto ingrato con i Bizantini "pupazzettari", quanto generico per il Medioevo, tanto avvelenato con le più recenti forme artistiche quanto invaghito del "perduto Futurismo", Echaurren forse toglie tanti luoghi comuni quanti è in grado di aggiungerne.

Un libro che bene si addice a certi corsi scolastici (o pseudo o para) di storia dell'arte, dove tutte queste "sovversioni" appaiono ancora tali.