Valentina MioloValentina Miolo

Solo l'inizio – Ci sono voluti quasi due anni per portare a termine quello che è solo l'inizio di un grande lavoro di riordino dell'archivio artistico del pittore Gottardo Ortelli, venuto a mancare nel 2003. La gallaratese Valentina Miolo, con la sua tesi di laurea, ha cominciato questo paziente percorso proprio da un periodo ancora poco studiato dell'attività dell'artista: gli anni Sessanta e Settanta. Seguita da Luciano Caramel ed Elena Di Raddo – docenti di arte contemporanea all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – la Miolo si è concentrata soprattutto sulla catalogazione del corpus pittorico, la maggior parte del quale inedito, suddividendolo in ordine cronologico e tematico a partire dall'inventario stilato dal gallerista varesino Emilio Ghiggini.

L'artista nei Sessanta-Settanta – Non la figura di assessore, non l'uomo di cultura, non l'insegnante dell'Accademia di Brera, ma l'artista dei decenni '60-'70. La Miolo rivaluta il Gottardo Ortelli di questi anni, ne analizza le prime sperimentazioni e le opere di pittura analitica, i quadri, cioè, di quella tendenza artistica che, sviluppatasi in concomitanza con l'arte concettuale, tentò di riportare l'arte al punto zero ragionando sugli strumenti di base della rappresentazione pittorica, vale a dire la linea, il punto, il colore, la luce, il pennello e la tela. Un lavoro di indagine sul linguaggio, quello della pittura analitica, che non ha alcuna volontà di comunicare o significare ma vuole essere fine a se stessa, o per dirla alla francese, essere "art pour l'art".

Opera di Gottardo OrtelliOpera di Gottardo Ortelli

Il lirismo di Ortelli – Monocromi rossi, viola, arancioni, neri sui quali Ortelli traccia linee oblique parallele, dapprima spezzate e intervallate da punti, poi rette continue, riprodotte sulla tela con una siringa. Ma nella rigorosità delle immagini di un solo colore, le diagonali, i punti, le rette hanno un significato: sono simbolo dell'incertezza, e dunque, essendo rappresentativi di qualcosa, fanno delle opere di Ortelli arte lirica, ponendo l'autore al di là della pittura puramente analitica dei colleghi Olivieri e Pinelli, e facendone un outsider della tendenza artistica che negli anni Ottanta si trasforma in pittura ambiente, in una modalità, cioè, in cui gli artisti spostano il fulcro della loro attenzione dalla tela alla sala in cui essa viene esposta.

Un primo grande passo L'analisi della studentessa ha ricevuto l'elogio della commissione di laurea, specialmente per lo sforzo di riordino dell'archivio Ortelli, messo a disposizione dalla vedova del pittore, la signora Viclinda Franzi. Un grande passo, dunque, nella rivalutazione artistica di un personaggio che tanta influenza ebbe nella vita culturale varesina (fu lui insieme a Gualdoni a promuovere l'apertura del Castello di Masnago come spazio espositivo e il promotore del Premio Chiara), anche se è solo un primo approccio alla sua consistente produzione artistica dell'autore. Valentina traccia, infatti, una stima delle opere che dovrebbero essere conservate in archivio: "dovrebbero aggirarsi intorno ai 300 pezzi, buona parte sono ancora da catalogare e soprattutto da conservare in condizioni sicuramente migliori di quelle attuali. L'auspicio è che qualcuno continui laddove io mi sono fermata, che approfondisca, cioè, il rapporto tra Ortelli e gli artisti analitici, che prosegua il riordino delle opere e che tutto il lavoro, alla fine sfoci in una grande mostra che ridia merito e la giusta collocazione critica alle opere dei decenni Sessanta e Settanta dell'artista".