Il super confortIl super confort

Un ponte fra il vecchio e il nuovo – La passerella in lamellare e legno di bambù che unisce la scalinata interna della Triennale e il nuovo Museo del design, opera di Michele De Lucchi, parla da subito di relazione, cioè di collegamento fra ieri e oggi che è possibile percorre solo con un certo senso di vertigine fisica, dato che il ponte è sospeso, e metaforica, visto che ci si lancia in una realtà museale, nuova per l'Italia, in cui l'oggetto di uso comune si fa opera d'arte.

Motivi dell'attesa – Dopo più di cinquanta anni dai progetti originali il Museo del design è stato finalmente realizzato ed ha trovato la sua giusta collocazione nella Triennale milanese."I motivi del ritardo sono imputabili alle tradizionali ragioni politiche e alla cronica difficoltà di reperire fondi", dichiara Silvana Annicchiarico, direttrice della nuova sede museale, "ma dovuti anche a ragioni di progettazione, dato che i prodotti di design sono per lo più di serie e non pezzi unici, e sono inoltre realizzati per l'uso, non tanto e non solo per una loro fruizione estetica".

Un museo da sentire – Si tratta di uno spazio attivo, destinato a mutare allestimento ogni 12-18 mesi, che già all'ingresso catapulta il visitatore nella dimensione dell'esperienza sensoriale: una serie di monitor di diverse dimensioni sui quali scorrono a ripetizione immagini di uomini e donne nude, accompagnate da voci e musiche, hanno l'effetto di tenere il pubblico incollato agli schermi, inondato da un'atmosfera di visioni, suoni e luci. La dinamicità è dettata anche dai percorsi non costruiti a priori, ma fruibili liberamente dal pubblico che può soffermarsi davanti ad un prodotto di design a lui noto o guardare comodamente seduto i filmati di Greenway sul teatro animista, per comprendere meglio lo spirito che caratterizza certe opere di Achille Castiglioni o di Enzo Mari. E come resistere alla tentazione di toccare i materiali di certe poltrone super-comfort, dalle quali ci si vorrebbe far inglobare, ma non è possibile perché sono diventati pezzi da museo. E allora bisogna dare libero sfogo alla fantasia, soprattutto davanti alla Lambretta su cui si vorrebbe fare un giro, o accontentarsi di immergersi in una grande installazione che riproduce un'enorme sauna stile scandinavo, che sprigiona un incantevole profumo di legno di pino, per la gioia dell'olfatto.

L'originalità – Rispetto alla maggior parte dei musei del design diffusi nel mondo, quello milanese presenta una differenza significativa: non si basa su una collezione di proprietà, ma punta a valorizzare i magazzini e gli archivi delle industrie distribuiti su suolo nazionale, dai quali i pezzi provengono. Questo permette di rappresentare il territorio attraverso una fitta rete di scambi e relazioni, che inducono il visitatore a spostarsi nei diversi luoghi d'Italia alla ricerca dei posti ai quali gli oggetti rimandano.

La peculiarità del design italiano – Quello che si propone agli occhi del visitatore è il mondo del design italiano dagli anni Venti agli anni Novanta. Un design che a differenza di quello europeo nasce non dall'industrializzazione che tardava a venire In Italia, quanto, invece, dall'arte, in particolare dal futurismo degli anni Dieci, connotandosi di caratteri, anzi di ossessioni, che distinguono il nostro design da quello mondiale.

I grandi sempliciI grandi semplici

Le sette ossessioni – I designer italiani si sono emancipati progressivamente dal razionalismo Bauhaus per innestare nei loro prodotti il carattere italiano. La prima ossessione è quella del teatro animista latino, secondo cui gli oggetti, disposti di un'anima, sono attori che interloquiscono con lo spazio e con gli abitanti di quest'ultimo come in una rappresentazione teatrale della modernità. E come negare che il design italiano ha avuto origine dai club borghesi (milanesi in particolare) oltre che dalle avanguardie artistiche, per cui gioielli e oggetti preziosi sono stati realizzati per trasmettere il senso del lusso, segno distintivo della borghesia industriale. Ma accanto al lusso, v'era l'ossessione opposta, quella della semplicità, che affonda le proprie radici nella cultura contadina e popolare, un'ossessione che si è espressa nelle opere di un Bruno Munari o un Ettore Sottsass, che cercarono di rifondare l'ambiente a partire dalle forme semplici e dal gioco. Anche il super-comfort fa parte delle ossessioni di cui dicevamo, e in questo caso gli Italiani si sono rifatti al concetto di comfort statunitense, tradendo un po' lo spirito nazionale, per realizzare forme spesso più teoriche che reali, come fecero Marco Zanuso e Cini Boeri. Altri concetti basilari del design italiano sono stati la dinamicità di ascendenza futurista che ha portato alla realizzazione della Lambretta e della Vespa o di oggetti per spazi abitabili in continua evoluzione. L'ossessione democratica, poi, specchio di una modernità semplice e popolare ha portato il nostro industrial design a interpretare la democrazia moderna come occasione per realizzare sistemi di oggetti in plastica, leggeri, colorati, impilabili, lavabili e di basso costo: un nuovo modo di abitare e lavorare. Ed infine il tema dell'illuminazione, occasione per creare segni immateriali, eventi emozionali vicini alla grande tradizione pittorica italiana, perché la lampada è un oggetto che produce luce, ma anche ombre, un'illuminazione dunque che è sorpresa ma anche gioco ambientale.

Consiglio – A parte qualche inghippo tecnologico – la maggior parte dei mini monitor posti a fianco delle opere con scopo esplicativo non funzionano ancora perfettamente e sono troppo piccoli per essere guardati in più di due persone – l'esperienza proposta al pubblico dal team del nuovo museo è positiva. Certo, per i meno esperti del design e per chi volesse approfondirne l'evoluzione, piuttosto che comprendere le esperienze dei singoli designer, il Museo mette a disposizione un catalogo che sarebbe auspicabile sfogliare prima di addentrarsi nel museo. E la cosa non appare difficile, dato che è una rivista di costo ridotto e di più o meno rapida lettura, utile come lo sono stati i pezzi esposti nella nuovissima realtà museale.