Vicente Todolì alla Tate (da internet)Vicente Todolì alla Tate (da internet)

Special guest – Vicente Todolì, direttore del tempio dell'arte contemporanea più visitato al mondo con 5 milioni di presenze annuali, contro le 3,5 del Centre Pompidou e le 2,8 del MoMA, lo aveva annunciato proprio in occasione della sua dipartita professionale dalla Tate Modern di Londra: "Mi prendo un anno sabbatico, durante il quale sarò spesso in Italia". E così è stato: domenica pomeriggio, ospite d'eccezione al MAGa di Gallarate, Todolì ha dato lezioni di moderna museologia. E non solo.

"Cercavo un'alternativa alla disposizione museale evolutiva o teleologica, una soluzione che fosse in grado di coprire i vuoti temporali della collezione della Tate e, insieme, che permettesse al visitatore di costruirsi una propria storia dell'arte personale, fatta a forza di confronti sincronici tra le opere e gli autori esposti. Così è nata "la rivoluzione della Tate", presa a modello da molte altre istituzioni. Tuttavia, credo che sia necessario che i musei sperimentino sempre nuovi modelli di museologia, oltre quelle strade che con il tempo diventano fisse e stereotipate".

Todolì ha intrattenuto il pubblico per quasi due ore in

Una delle opere della Collezione ConsolandiUna delle opere della Collezione
Consolandi

una chiacchierata informale moderata da Emma Zanella, Francesca Pasini e Angela Vettese ed introdotta da Angelo Crespi. "Per un allestimento innovativo – ha spiegato Mr Tate – è fondamentale il contatto diretto con l'opera, è necessario sgomberare il cervello da preconcetti e pregiudizi o da schemi fissi. Ho sempre chiesto ai curatori che hanno lavorato con me – parafrasando Kennedy – "non domandatevi che cosa la collezione può fare per voi ma chiedetevi quello che voi potete fare per la collezione. Ritengo inoltre che come l'allestimento, anche la presenza dei curatori in Museo dovrebbe essere flessibile".

Nel lavoro di Todolì è stata fondamentale non solo la ricerca sulla collezione permanente del Museo ma il continuo sforzo per nuove acquisizioni, per allargare il numero delle opere esposte. Ma è chiaro che parlare della Tate significa parlare di una joint venture continentale, di una multinazionale dell'arte. Come struttura, la Tate, infatti, riceve solo il 40% di finanziamenti pubblici nel budget complessivo e ha l'obbligo del pareggio. Con gli interventi annuali nella Turbine Hall, infine, la Tate ha quasi fidelizzato qualcosa come 2 milioni di presenze, grazie alla partnership con Unilever, che ogni anno ha versato una somma per produrre un'opera di un artista già affermato, scelto dal museo. "Con gli interventi nella Turbine Hall siamo stati messi di fronte ad un "effetto palinsesto": l'opera del nuovo artista doveva dialogare con lo spazio e con gli artisti intervenuti precedentemente".

L'allestimento della mostra al MAGaL'allestimento della mostra al MAGa

Se ci si accorge che il Museo è un costo – L'incontro gallaratese ha permesso anche di meglio comprendere quanto i visitatori, oltre che una risorsa, rappresentano anche un costo. La Tate Modern ha il rapporto più virtuoso tra visitatori e costo degli stessi: ovverosia 11 Euro, a fronte dei 24 Euro della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino dei 100 Euro del Museo di Rivoli. Il Museo è un'istituzione che non può rientrare nelle logiche di profitto tradizionali. E tantomeno in quella della fabbrica di Euro Disney.

E da quì ha preso il via un durissimo J'Accuse di Vicente Todolì: "Nell'arte il protezionismo non serve a nulla se non a far restare la gente nell'ignoranza. Il museo deve essere immaginato come un essere con due gambe, una ben piantata, come una radice, nel proprio territorio e l'altra in movimento come un radar che cattura i segni della vita nell'universo. Se non ci sono novità, è meglio non fare mostre. Ma bisogna pur ammettere che le rassegne blockbuster permettono anche di fare esposizioni di ricerca".
Almeno all'estero, aggiungiamo noi.