E’ racchiuso in quel grido dalla Croce tutto quello che nella vita Gesù è stato, ha fatto, ha detto e che gli artisti hanno saputo e sanno cogliere e rappresentare. Nell’arte Sacra sono infinite le opere dedicate al vissuto di Cristo, in Terra e in Cielo. Ancora prima della sua nascita e oltre alla morte. E ancora il Mistero è fonte di ispirazione e interpretazione di pittori e scultori. In questa Pasqua diversa da tutte le altre, dominata dalla “costrizione”, ognuno nella propria casa, nella solitudine, può vivere il Passaggio di Cristo”dalla vita alla Vita ” contemplando suggestivi dipinti capaci di liberare intense e intime riflessioni…

E’ tra gli anni 1450 e 1463 la data di esecuzione del “Cristo Risorto” di Piero della Francesca (Museo Civico di Sansepolcro – Arezzo). L’opera, un dipinto murale (225 x 200 cm), presenta un impianto scenico insolito: il Signore, al centro della composizione, è in piedi dietro al sarcofago. A colpire è la postura. Non ci troviamo davanti a una figura solitamente rappresentata per descrivere il momento del ritorno al Padre, quindi serena, piena di luce e grazia ma, sia il volto, sia l’atteggiamento sono diversi. Non è un Cristo dai lineamenti delicati anzi, sembra che l’artista abbia volutamente evitarli proponendo il ritratto di un uomo imbruttito, sottolineando, nel suo atteggiamento, non l’aspetto divino ma quello terreno. Pare un soldato trionfatore di una battaglia. Sono la posa, sostenuta da un’aria di sicurezza, quel ginocchio alzato col piede appoggiato sulla pietra, dove era posto il suo cadavere e la mano sinistra che impugna il vessillo con l’insegna dei crociati ad accentuare queste impressioni. E la riflessione, sempre da semplici osservatori, continua soffermandosi sui quattro soldati romani seduti davanti a lui. Dormono o sono morti? Come dobbiamo leggere la loro presenza? Rappresentano l’umanità sconvolta per non aver capito chi fosse quell’uomo mentre Cristo Trionfa nel regno di Dio?
Interessante soffermersi anche sullo sfondo dove si svolge la scena. Premesso che si tratta di una pittura rinascimentale e che, come tale rispetta precisi canoni compositivi, il paesaggio rappresentato descrive una natura in mutamento, come se l’artista volesse sottolineare il ciclo delle stagioni, quindi della vita terrena: da sinistra l’inverno, con una vegetazione spoglia e rinsecchita, pian piano si colora di toni verdi che accendono l’estate. Una tavolozza dalle tinte tenui, timide, come l’alba fredda nella quale avviene questo ritorno al Padre. Un contrasto con la potenza della luce quasi abbagliante che di solito, nelle rappresentazioni di questo Passaggio “scalda” tutto ciò che incontra.
Tra i capolavori dedicati alla Resurrezione non può mancare quello del fiammingo Pieter Paul Rubens (Siegen, 1577- Anversa, 1640). Il dipinto, un olio su tela (183×155cm), noto anche col titolo ” il Sepolcro pasquale” o “il Trionfo di Cristo sulla morte e sul peccato” , è databile intorno al 1616 e conservato nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze.
L’artista, tra il 1600 e il 1608, durante un viaggio in Italia, conobbe la grande arte locale cinquecentesca, in particolare quella veneziana, nelle opere di Tiziano, Veronese e Tintoretto. Rubens rappresenta tra i pittori quello che diede il maggior contributo allo stile barocco come ben si può notare nella composizione dei suoi lavori, caratterizzati da un accentuato dinamismo e senso drammatico, spesso ridondante come fosse una scena teatrale che coinvolge chi assiste. Uno stile ricco di particolari che sollecita e libera la fantasia.

Riferimenti riscontrabili facilmente nella sua “Resurrezione” che l’artista descrive proprio nell’atto, nel momento, sottolineando l’azione con una postura costruita sul movimento. Cristo si è svegliato dalla morte, si sta alzando; nella mano sinistra impugna il vessillo crociato di cui si vede sono l’asta. Mentre il ginocchio lentamente si piega, il piede sta per appoggiarsi al sarcofago. E’ seduto sulla pietra, un angelo lo scopre dal sudario e due puttini lo liberano dalla corona di spine. L’effetto è quello di vivere la scena all’interno dell’opera. Il telo bianco che lo avvolge sta per essere tolto, lo confermano le pieghe del tessuto. Lo stesso accade alla veste arancione dell’angelo che si muove seguendo l’azione e il gesto compiuti dalla figura sospesa. I suoi piedi infatti non toccano terra. Tutto avviene come in una danza celestiale.
Trionfa la luce . Ora” tutto è compiuto” come nelle ultime parole di Gesù sulla Croce. E nella vivacità della gamma cromatica di questo dipinto le sapienti pennellate di toni accesi e luminosi esplodono in un’orchestra gioiosa di sfumature, che accompagnano nell’azzurro del cielo ….

Elisabetta Farioli