L’Arte per svelarsi pretende approfondimento. Nel film La nostra terra ci sono dettagli ed opere nell’opera. Bisogna, com’è doveroso, scindere la parte creativa e tecnica dal montaggio, dalla regia e infine dalla visione completa.
Perché?
Perché più di cento disegnatori per circa duecentomila ore di lavoro si sono adoperati per portare a termine qualcosa che rasentando l’utopia è divenuta realtà. L’idea dei registi, basandosi sul romanzo del premio Nobel, era riuscire a creare qualcosa di straordinario che rendesse onore all’opera inserita nella lista dei libri di studio nelle scuole polacche.
Il primo passo quindi è stato condensare le parti salienti del libro e farle vivere nei cento trenta minuti di film attraverso il lavoro di attori, scenografie e infine disegni. Sono occorsi circa cinque anni tra prove materiali e dare il giusto tempo ai pittori di scrivere la parola fine. Ogni fotogramma è ripreso e trasformato in quadri, tant’è che alcuni di essi si possono acquistare nel sito ufficiale del film. (shop.thepeasantsmovie.com )
In un progetto grandioso nulla viene lasciato in second’ordine e la musica, fondamentale, è composta ed eseguita da musicisti folk polacchi. Dopo essere venuti a conoscenza dell’imponete lavoro dietro alle quinte siamo pronti ad assistere allo svolgimento con la giusta curiosità.
Bene.
I primi quadri sono per la campagna, per lo sbocciare della natura bella e violenta come le vicissitudini di Jagna, la giovane di rara bellezza protagonista assoluta della storia. Abituata a uno stile di vita più che soddisfacente, lei gode parte della giornata a passeggiare tra i campi e a creare fantastiche figure nate dalla bravura nel ritagliare la carta.
Siamo alla fine del diciannovesimo secolo in Polonia, villaggio rurale dove si mischiano tradizioni pagane con l’austerità del cattolicesimo. Quest’unione viene enfatizzata dallo scorrere del tempo. Ma l’alibi della religione nell’esasperazione del peccato prenderà il sopravvento.
Tutto muta ma non cambia come succede all’arrivo delle quattro stagioni: Autunno, Inverno, Primavera ed Estate, un loop ciclico.
I registi dividono il film nelle quattro stagioni per dare colore e clima al procedere dei mutamenti e all’esasperazione delle femmine del villaggio vittime della propria cattiveria e della rabbia verso chi è più giovane, bella e ora anche ricca.
De Andrè in Bocca di Rosa ci racconta dell’invidia delle comari vittime della bellezza e della passione di Bocca di Rosa per la vita. Proprio quanto scatenerà Jagna alle cagne a cui non porta via nemmeno l’osso. Il maschio è padrone della terra, ma sarà il potere delle femmine a creare passioni e mutamenti.
Di questo ne vivrà e subirà Antek figlio di Bolyna.
Ammogliato con prole, vive nella casa del padre rammaricato per non essere considerato. Riprenderà energia divenendo l’amante di Jagna all’insaputa del vecchio Bolyna, padrone del più grande appezzamento di terra del villaggio. Vedovo da tempo e, come accade in certi romanzi e nella vita, decide di ammogliarsi cedendo buona terra alla famiglia di Jagna che senza volerlo diverrà la matrigna dell’amante.
Cresce il grano e la rabbia degli gli uomini tristi, Antek non possiede più vita vera , e sarà lui a sentenziare ciò che accadrà alla giovane donna dopo la morte del padre.
La realtà spesso si nasconde nelle ombre e sarà l’insoddisfazione verso se stessi a rigenerare la cattiveria. Jagna verrà esiliata e costretta dopo essere stata picchiata, denudata a lasciare il modesto villaggio ancorato a un tempo che sta cambiando.
Sarà la violenza a spingerla contro il futuro o la consapevolezza di non appartenere più a quel mondo.
Il passaggio dal periodo contadino a quello industriale si pone al confine tra la ragazza e il suo passato.
Quale orizzonte sceglierà?
Antek non comprenderà mai che in questa Terra siamo di passaggio e non certo i padroni.
P.S: Per i più sensibili per via dell’animazione particolare la vista potrebbe essere in modo leggero disturbata.
Enzo Calandra.