Prendete ad esempio la musica. I vari stili che siamo abituati a riconoscere, sono derivati, per definizione, proprio da mescolanze e contaminazioni. Rock-blues, Funk-Jazz, Folk-pop ecc… Nulla di puro. Nulla di predefinito.
Ogni moda e tendenza crea o si accosta ad un genere musicale, privilegiando particolari suoni, autori, colori. Tutto ciò naturalmente sarebbe stato impossibile se i vari popoli non avessero potuto incontrarsi e di scambiarsi idee. Ad esempio, la musica africana portata in America dagli schiavi, incontra il folk nordeuropeo e nasce il blues, in seguito il ritmo si fa più sostenuto, le tonalità divengono maggiori e arriva il Rock&Roll. Per non parlare delle mille sfumature di suoni latini: salsa, reggae, tango, si mescolano fino ad imbattersi nel mondo della strada generando l’hip-hop e i suoi derivati.
La piacevole epidemia ebbe grande diffusione nella seconda metà del ‘900 dove i generi spesso barattavano tra loro concetti innovativi: che ne sarebbe del Jazz senza quell’improvvisazione che la street può regalare? E la musica lounge senza le scale cromatiche orientali incontrate in India negli anni ‘60?
Nell’Andalusia moresca l’incontro tra la musica spagnola e il popolo gitano ha generato quello che alla fine del settecento prenderà il nome di Flamenco. Una musica nasce dall’esigenza di sfogare gioie e dolori in un linguaggio intimo e privato, un canto accompagnato con semplicità da battito di mani oppure nocche sul tavolo.
Ma potremmo trovare innumerevoli altri casi di contaminazioni creative, in tutte le forme artistiche possibili.
Per i popoli del passato non è mai esistita poesia senza suono. In ogni cultura le divinità creano e distruggono a tempo di musica: per questo persino la preghiera nasce per essere intonata. La musica e più in generale l’arte, è la possibilità di esprimere ciò che altrimenti non diremmo. Il sacro, l’amore, l’angoscia per il futuro, il rimpianto del passato.
Dagli albori dell’umanità, raccontare la realtà in musica funziona perché genera emozione immediata. I suoni da sempre accompagnano la storia e il destino dell’uomo.
“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio…” leggiamo nella Bibbia, Vangelo secondo Giovanni (Gv.1,1). Siamo stati educati a interpretare il termine Verbo come “parola”, ma altre traduzioni e tradizioni, più antiche ma non meno rilevanti di quella cristiana, ci rivelano che il “Verbo” usato nel Prologo dall’evangelista Giovanni in realtà coinciderebbe con un il vocabolo “Suono”.
Un dio quindi che, nel momento della creazione, non si è espresso, non ha parlato, perché Dio non è parola ma azione. Ha delegato alla vibrazione sonora, quale strumento del fare, la responsabilità di mettere in ordine i componenti inerti dell’universo e dare il LA, alla costruzione del Creato. Una verità esoterica tenuta nascosta, o volutamente male interpretata, dalla religiosità occidentale “ufficiale” forse perché troppo meccanicistica, legata quindi solo a regole di causa-effetto; o forse perché in occidente siamo stati “iniziati” a un Dio padre “antropomorfizzato” che, nonostante il libero arbitrio, dall’alto muove i fili del teatrino e una teoria del genere sarebbe invece terribilmente vicina a una spiegazione fisica e quindi scientifica, non divina e misteriosa.
La teoria del suono all’origine dell’universo non spiega tutto e rimane essa stessa un affascinante mistero che trova alcune timide interpretazioni in antichissimi insegnamenti e tracce religiose che si perdono nel tempo.
Dal Suono deriverebbe il tutto visibile e invisibile: lo sciamano rappresenta forse più antico di “ingegnere del suono” prestato alla spiritualità: i toni prodotti dal guaritore nel corso dei suoi riti inducono ad una ricerca interiore e l’alterazione dello stato di coscienza che ne consegue forse è l’unica strada per la visualizzazione di un suono spirituale altrimenti inaccessibile.
Angelo Branduardi è al centro del palco. La sua folta chioma canuta, illuminata da un raggio azzurro, gli conferisce quasi un’aura sacra. Prima di cominciare la sua musica, egli invita i presenti a ritrovare una concentrazione interiore che non deve riguardare soltanto i suonatori bensì tutti gli ascoltatori. La musica è quindi per lui uno strumento mistico, è spiritualità, è la consapevolezza di non essere creatori ma utilizzatori di un Suono antichissimo. Lo sciamano Branduardi salta, improvvisa, sperimenta, mescola, estrae manipola, crea. La vera ricerca musicale del taumaturgo è proprio questa.

La musica era un’arte apprezzata fin dall’antichità da principi e re che invitavano i viandanti e gitani ai loro banchetti per divertirsi, forse per sognare l’occasione di viaggiare ed essere quindi, come loro, liberi da costrizioni e obblighi di corte. In fondo è proprio questa la magia dell’arte e della musica, la capacità di abbattere le frontiere, di superare i confini di mettere insieme mondi, sistemi sociali altrimenti sconosciuti, di essere strumento di reciproca conoscenza e di dialogo. L’arte aiuta a capirci gli uni con gli altri, non esclude ma include, è di per sé nomade perché si muove verso la ricerca della conoscenza in tutte le sue forme ed espressioni possibili.

Nel sud del Vietnam ricordo di aver incontrato una ragazza che parlava un italiano piuttosto fluente. Articolava le frasi in modo stranamente sicuro e conosceva un sacco di vocaboli. Le abbiamo chiesto se avesse studiato in Italia o se fosse stata aiutata da qualche parente o qualche amico della nostra nazione. Non si era mai mossa da Saigon e noi eravamo i primi italiani che incontrava nella sua vita. Aveva imparato tutto dai video musicali su youtube: Celentano, Modugno, la Pausini… e attaccò un mixaggio perfetto di “Laciatemi cantare, nel blu dipinto di blu: sono un italiano vero!!!”

La musica è un inno alla diversità delle culture. Ti trasporta oltre i continenti, in altre epoche, attraverso ogni tipo di barriera, ti fa sognare nuove possibilità.
Non è importante quello che suoni, né come lo suoni. Ma conta il perché.

Il Viaggiator Curioso
Camminando, camminando:
spettacolo musicale di Angelo Branduardi.
Teatro Apollonio di Varese,
9 febbraio 2019