Ferdinando GrecoFerdinando Greco

Ut pictura poesis – Pittura e poesia: il legame spesso stretto tra i due mezzi espressivi viene ulteriormente indagato nella mostra alla Galleria Palmieri di Busto Arsizio dal titolo "de' pensieri suoi…annotazioni riflesse". Tre gli artisti scelti dal gallerista Andrea Palmieri e dal curatore della mostra Antonio D'Amico: Giovanni Sesia, Ferdinando Greco e Mirko Baricchi. Attraverso le loro opere emergono tre modi differenti di ricorrere alla parola: gli appunti di Sesia scorrono sulle immagini fotografiche come un velo mnemonico pressoché inaccessibile, Baricchi evoca un mondo infantile arricchito qua e là da una calligrafia elementare, Greco rivendica con forza l'importanza paritetica della parola nell'arte. Ne parliamo con lui.

Immagine e scrittura. Che rapporto hanno nelle sue opere?
"Sono profondamente intrecciati, inscindibili direi. La scrittura non interviene solo nel momento di composizione dell'opera, ma è parte determinante del mio lavoro. Tengo una sorta di diario dove annoto le mie riflessioni personali, la mia esperienza biografica, i ricordi…e poi parte di queste immagini mentali vengono portate sulla tela, attraverso la pittura e le parole. Ma avviene anche il contrario: mentre realizzo un'opera ne documento le fasi di lavorazione nei miei appunti. E' un rapporto a doppio senso. Per me pittura e scrittura sono davvero arti gemelle, dove una non basta mai all'altra."

Qual è il risultato di questa unione?
"Quella che esce sulla tela è la mia anima, così com'è attraversata da immagini e pensieri. Cerco di imprimerle sulla tela per non dimenticarle, quasi a voler fermare il tempo".

Un'opera dell'artistaUn'opera dell'artista

Ma l'animo è mutevole e così le sue opere, giusto?
"Esattamente. Le opere in mostra, ad esempio, sono state concluse recentemente, ma spesso la loro nascita risale ad anni addietro. 'Sorgente'  infatti reca la datazione 2000/2008. Le mie opere sono in continua evoluzione: le inizio, poi le accantono, poi mi scatta qualcosa e allora le riprendo, aggiungo un dettaglio, un aneddoto, oppure strappo la tela o ancora la ingrandisco. La mia arte è volubile esattamente com'è l'animo umano che può passare da un estremo all'altro e le tele registrano esattamente questa stratificazione di umori, tempi e ricordi".

Capita che opere considerate ultimate e già esposte subiscano ancora modifiche?
"E' capitato anche questo. Certo, a volte costituisce un rischio, come nella vita quando si decide di seguire un'ispirazione, un'occasione. Così anche nella mia arte le possibilità sono infinite, è un'arte dinamica che concepisce l'esistenza come complessità".

Le opere esposte sono accomunate anche nel contenuto oltre che nella tecnica?
"Diciamo di sì. Nel senso che di solito mi trovo ad affrontare tematiche più aggressive, più esistenziali. In questo caso i soggetti sono paesaggi, montagne, prevale un sentimento meditativo, lirico. Però, come accade nella vita, spesso l'estasi non è che il preludio all'incubo…anche in queste opere più "tranquille" mantengo viva una certa inquietudine, lascio aperto il dubbio, diciamo. Rimane espressa la mia convinzione dell'incostanza della vita, della sua imprevedibilità, così come dell'essenza instabile dell'anima".