Chiara De Battisti è nata a Milano nel 1972, città dove vive e lavora, e si è diplomata all'Accademia di Belle Arti di Brera. Ha iniziato ad esporre in mostre collettive dal 1994. Nel 1995 vince il premio Nazionale Maurizio Marchese, rivolto agli studenti di tutte le Accademie d'Italia, e presenta la sua prima mostra personale a Roma. Ciò che risulta determinante nel lavoro dell'artista è il filo conduttore di tutto il suo percorso, fondato sullo studio della luce e della realtà circostante. Una luce mai intesa come atmosferica e graduale, bensì rappresentata nella sua essenza per essere proiettata in chiave dinamica sulle forme che incontra e con le quali s'intreccia; elementi strutturali che non possiedono una funzione descrittiva ma possono essere l'occasione di una rielaborazione compositiva mediata dal ricordo e dall'emozione. Il colore assume di volta in volta una funzione simbolica, quasi evocativa, e il dato naturale originario, cioè l'elemento che favorisce un processo di rielaborazione pittorica, è sempre presente nelle opere dell'artista. Negli anni più recenti inoltre, la ricerca artistica si concretizza nel voler esprimere non solo il ricordo di ciò che è stato visto ma anche il concetto di "tempo". Da qui nascono numerose esperienze in sequenza: carte dipinte separatamente e poi montate in composizioni orizzontali o verticali come a voler creare un percorso nel quale avviene un racconto. La realizzazione in tempi diversi, in sequenza appunto, di diversi elementi pittorici che poi andranno a comporre un unico quadro, cerca di esaudire quel desiderio, o istinto, di non bloccare il ricordo in un'unica immagine, ma di svilupparla tramite moduli differenti e assemblati successivamente alla realizzazione pittorica.

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Vorrei cominciare questo mio breve scritto sulla pittura di Chiara De Battisti con un preambolo sul significato che attribuisco al termine "astrazione" nelle arti figurative, dato che la ricerca pittorica dell'artista può essere accostata a questa forma di linguaggio, e che soprattutto possa aiutarmi a impostare un ragionamento sul suo lavoro, ragionamento che per certi versi paradossalmente mette in discussione i limiti stessi di questa definizione. E' noto come Mondrian sia partito dalla rielaborazione della struttura figurativa di un albero per giungere alle sue tele astratte fatte di linearità ortogonali e geometriche campiture cromatiche. Partendo da un elemento naturale Mondrian lo ha sviluppato per sintesi e astrazione, pervenendo a un modello compositivo bidimensionale fatto di griglie ortogonali e di elementari campiture cromatiche. L'affermazione dell'arte come linguaggio non imitativo propria delle correnti astrattiste implica che gli elementi primari che tale linguaggio costituiscono, linea forma colore, trovino nel loro manifestarsi sulla superficie di un dipinto un autonoma capacità di senso, estetico ed espressivo.

In qualche modo si tratta di creare un nuovo oggetto della realtà anziché imitarla o descriverla sentimentalmente. Ciò che avviene per la pittura di Chiara Battisti mi pare abbia alcune analogie con questo processo di astrazione, ma in un certo senso il percorso che la nostra pittrice affronta si muove in direzione opposta. Chiara ha una forte relazione con il mondo, gli ambienti e gli oggetti "naturali" con i quali viene in contatto e dai quali prende spunto, siano contesti metropolitani, come nei suoi primi lavori che vidi diversi anni fa, o le impressioni sedimentate di un viaggio africano.
E' forse un repertorio di immagini archiviate in una memoria speciale, impressioni, visioni salve da dettagli e preconcetti "ideologici", che conservano lo slancio e la fragranza di un'impressione sorgente dall'anima.
A questo punto il percorso di Chiara, che ugualmente utilizza le forme e i colori in maniera non descrittiva, non si sviluppa dal reale per approdare a una sintesi di forme geometriche e cristalline, come avviene appunto per la cosiddetta astrazione geometrica ma piuttosto è da queste immagini interiori, più simili ad architetture naturali di forme e colori, e ancora senza "contenuto" , che ne prende l'avvio.
In un moto biunivoco tra interno ed esterno sulla superficie del dipinto forme e colori si configurano sequenzialmente alla luce di una esperienza reale del mondo e di una singolare visione interiore, le forme elementari prendono vita e complessità, senso figurale e narrativo.

In quanto narrazione interiore che dallo spazio dell'esperienza si sviluppa nel tempo della materia, si evidenzia e comprende in Chiara la volontà di sviluppare per sequenza le sue opere, affidandole a un fluente e incessante processo di varianti compositive. Mai forzate da prefigurati schemi distributivi le forme e i colori sulla superficie del dipinti si dispongono e sviluppano quasi in virtù di una logica naturale, strutturandosi in movimenti fatti di scatti, cesure, articolazioni compositive e gestuali sempre dinamicamente e armonicamente controllate. Ma in questa "facilità" e "felicità" inventiva ed esecutiva Chiara non corre il rischio di un compiacimento virtuosistico o decorativo. La superficie del dipinto allora si arricchisce di "punctus" vitali, "drammatici", quando la trama delle fluttuanti o salde campiture è percorsa e intessuta, come in un incalzante contrappunto, da dinamici fasci di innervature.

Textures segniche, vettori energetici che affiorano sulla superficie del quadro come trame vegetali, e che orientano la visione verso ulteriori dimensioni spaziali. Sulle tele viene così a ricostituirsi nelle sue tensioni un frammento di mondo interiore e l'equivalente di un paesaggio naturale. Linee forme e colori si muovono con la vitalità e l'invenzione che sono contemporaneamente proprietà della natura, della pittura e dello sguardo che le genera.

Gabriele Poli