Museo Storico Garibaldi di Como, esternoMuseo Storico Garibaldi di Como, esterno

Il Museo Garibaldi – A Como, l'antico Palazzo Olginati dal 1932 ospita il Museo Storico, dedicato a Garibaldi: l'eroe dei due mondi nel 1859, dopo la vittoria nella battaglia di S. Fermo, entrò in Como e soggiornò proprio nell'edificio, oggi museo.

Ingresso e corridoio – Ecco quindi ad accogliere il visitatore all'ingresso un busto che ritrae Garibaldi, a memoria del suo legame con la città. Al momento dell'inaugurazione era presente Ezio Garibaldi, nipote di Giuseppe. Il corridoio è dedicato ai moti del 1820-21, legati all'ambiente della Carboneria: alle pareti si trovano le sentenze firmate dal governo austro-ungarico nei confronti di personaggi di storica memoria, come Silvio Pellico e una coperta appartenuta a Federico Confalonieri, durante la sua prigionia nel carcere dello Spielberg. La prima sala del Museo raccoglie le memorie del fatidico anno 1848, che vide scoppiare moti rivoluzionari in tutta Europa: Milano, Brescia, Roma si ribellarono ai dominatori stranieri, così come Como. Nel marzo di quell'anno infatti i patrioti comaschi assalirono la caserma S. Francesco, cacciarono gli Austriaci e istallarono un governo provvisorio. Di quell'evento si conservano in museo i resti della bandiera austriaca bruciata dagli insorti e troneggia nel centro della sala il mosaico del vecchio Municipio in Via Cinque Giornate, con le due aquile accostate e la croce bianca su sfondo rosso.

Purtroppo il tentativo degli insorti durò poco e a breve

Sala del 1848Sala del 1848

rientrarono gli Austriaci: altre sentenze di morte alle pareti ricordano la triste sorte dei patrioti. Curiosa una bandiera con il tricolore, i cui colori sono però invertiti…

La I guerra di indipendenza – Sempre nella stessa sala alcuni cimeli, soprattutto armi, raccontano le imprese della I guerra di indipendenza: due vessilli con il tricolore ricordano i due gruppi di volontari comaschi Bagolinii e Arcioni, che presero parte al conflitto. Un bel quadro di Bouvier raffigura la morte di Anita Garibaldi: il marito e il suo fidato collaboratore Leggero sostengono la donna ormai esanime e sullo sfondo si intravede il casolare dove la donna, incinta e malata, morì.

Cimeli dell'epoca e un pizzico di Varese – La seconda piccola sala è dedicata alla seconda guerra di indipendenza.
Sulla parete fanno mostra di sé i ritratti di coloro che la gestirono: Vittorio Emanuele II, Cavour, Napoleone III e Garibaldi. Le vetrine sono ricche soprattutto di armi: baionette, capsule di proiettili esplose, le munizioni dello stesso Garibaldi. Ci sono le giberne, contenitori per armi e munizioni e un manichino indossa la divisa dei cacciatori delle Alpi, il famoso gruppo di volontari guidato da Garibaldi. E ancora le lettere di Napoleone III agli Italiani, un foulard "patriottico" con i ritratti su seta di Vittorio Emanuele II e il sovrano francese; sopravvive una pagina del registro parrocchiale di S. Salvatore in Borgovico, con i nomi di alcuni giovanissimi soldati stranieri caduti in battaglia. Ed ecco da una vetrina spuntare un po' di Varese: un frammento di un tronco d'albero, in cui è rimasto un proiettile.

La sala è però dominata dall'evento più sentito nella storia locale, cioè la battaglia di S. Fermo. Qui il 27 maggio 1859, proprio dove ora sorge il monumento ai caduti, si svolse una battaglia, il cui esito fu fondamentale per l'esito dell'impresa di Garibaldi. Questi infatti con i suoi soldati era partito dal lago Maggiore, passando per Sesto Calende, Varese, e da lì verso Como. All'altezza di Olgiate Comasco, il generale deviò sulla strada secondaria, la cosiddetta garibaldina, e giunse a San Fermo. Qui l'esercito fu diviso in tre gruppi il cui compito consisteva nel procedere alla conquista della collina. Fu il gruppo guidato dal capitano De Cristoforis a

Sala dedicata a Garibaldi con divise ed antichi cimeliSala dedicata a Garibaldi
con divise ed antichi cimeli

subire l'imboscata e l'attacco dei soldati austriaci: ma fu il loro sacrificio a fermare l'esercito nemico. De Cristoforis domina la sala: milanese di nascita, patriota fin dal 1848, riparò in Inghilterra, dove insegnava all'Università, per poi lasciare tutto e partecipare al conflitto. Una grande tela raffigura il momento della sua morte, mentre in lontananza ancora furoreggia la battaglia. E sotto il dipinto si trovano i calchi in gesso dei defunti in quell'occasione.

La camera da letto… dei Mille! La terza grande sala, dove forse dormì Garibaldi nel 1859, è dedicata alla impresa dei Mille, e dominante è il colore rosso delle giubbe, raccolte in una grande vetrina. La spedizione coinvolse anche parecchi comaschi, ricordati in una grande stampa, dove compaiono le foto di tutti i garibaldini locali. Fra essi, particolare spazio è dedicato a Pessina e Sirtori, rispettivamente Tenente Colonnello garibaldino e Generale di divisione, insomma due collaboratori di Garibaldi.

E lo stesso generale è ricordato in un'imponente tela del Brunati, mentre in una vetrina sono raccolti alcuni suoi oggetti personali, fra cui un cannocchiale, un berretto in velluto rosso e un bicchiere in vetro, conservato da un oste che aveva ospitato l'eroe dei due mondi. Completa la sala il grande quadro di Maiani, che raffigura l'episodio della battaglia di Mentana. Il grande valore del Museo sta nel suo contatto con il territorio, nel raccontare la storia locale ai visitatori, che ritrovano nelle sale museali i nomi di personaggi a cui, nella Como moderna sono dedicate vie, piazze o caserme… prossimamente vedremo anche chi furono Senigallia e i due Venini.