La crisi della critica – Cari amici artisti e cari critici, ho la percezione sempre più fondata che il modo di espletare la critica d'arte oggi sta incontrando momenti di crisi dovuti a diversi fattori. La visualità in generale è cambiata. Conosciamo tutti l'intasamento di immagini pubblicitarie, telematiche e artistiche che il vissuto quotidiano ci propone. L' essere informati culturalmente e in modo specifico sull'arte ci sottopone a una incalzante sequenza di riproduzioni artistiche storiche e contemporanee che convivono e spesso si rispecchiano con il mondo pubblicitario e virtuale.

Nuovi alfabeti – Nel frattempo l'espressione artistica ha secondo me due facce dominanti: una socialmente estroversa, a volte dissacratoria o di denuncia e l'altra introversa che punta al mondo privato e inconscio dell'artista, toccando a volte limiti estremi di narcisismo, ma in entrambe non ci sono più canoni di riferimento o schemi iconografici fissi.
Vorrei sostenere che non c'è l'arte americana che domina con i suoi mercati e l'arte europea che la segue o la emula, ma c'è l' arte di matrice occidentale e l'arte asiatica che immette sangue nuovo, mescolando occidente e oriente come fosse un gioco di prestigio, che lo si voglia o no. Ora mi sembra che i modi del fare critica debbano considerare la complessità della situazione attuale e scoprire nuovi alfabeti adeguati a questi momenti di intensa transizione culturale.

Da Socrate a Freud
– Dovremmo accontentarci di una certa semplicità e concretezza senza troppo rifugiarci nella letteratura,
nella poesia, o troppo confrontarci con la storia. Siamo tutti consapevoli del nostro ricco passato e nessuno ce lo toglie, ma tenerlo sempre come riferimento primario diventa una palla al piede e non ci fa diventare a nostra volta padri, ma ci relega nell'eterno ruolo di figli.
Abbiamo avuto Socrate, Platone, l'Illuminismo e i filosofi moderni, ma non dimentichiamo che Sigmund Freud è morto da poco e ha lasciato un forte segno nella cultura odierna.
C'è sempre un riferimento psicologico e analitico in tutte le considerazioni che l'uomo moderno fà e in tutte le sue scelte. Ormai la psicologia è entrata a buon merito nei responsi giudiziari.

Le parole abusate – Dopo queste considerazioni mi sembra ingenuo e sorpassato il critico che ancora parla del suo percorso culturale personale, che cita una quantità di altri artisti o peggio ancora di altri critici per concludere poi brevemente sull'artista che sta presentando.
Partire dal Diluvio Universale per arrivare alle Due Torri, mi sembra noioso, inutile e sviante per accompagnare
i fruitori, gli spettatori nel mondo misterioso e profondo del fare arte. Dall'altro lato assistiamo a termini stereotipati che si adattano a qualsiasi artista, come:
" la cifra espressiva – la ricerca formale – il percorso artistico – il viaggio interiore – il viaggio nell'inconscio –
i colori dell'anima – la matrice concettuale – l'immaginario privato e collettivo – il viaggio della mente – ecc. ecc."

Il mestiere arduo del critico
– Lo sappiamo che la fatica del creare ha a che fare col cervello e con l'anima. Cerchiamo di capire perchè l'artista crea, quali fattori familiari, ambientali, culturali, individuali e non ultimi, profondi e inconsci lo spinge ad una scelta di vita cosi irrazionale. Che forse il critico sia un artista rimasto embrionale, e qualche forza misteriosa lo abbia spinto giù dal palcoscenico, relegandolo nelle prime file (non sempre comode) della platea?
Sono consapevole che fare critica oggi è arduo, ma mi auguro che tutti insieme si trovi un modo nuovo,
chiaro, attuale e comprensibile di parlare di quella eterna attività umana che si chiama Arte.

Con amicizia