Il chiodo fisso: la Via Crucis di Guido Oldani

È un capolavoro di espressività verbale e musicalità del verso «Il chiodo fisso», ovvero la Via Crucis scritta da uno dei massimi poeti italiani contemporanei: Guido Oldani, padre del Realismo Terminale. Ve la proponiamo letta direttamente dall’autore in questo video che riprende alcune celebri opere d’arte delle Cappelle che si trovano sulla via per il Sacro Monte di Varese (le immagine ci sono state concesse da don Adriano Sandri, parroco di Velate) e una suggestiva Via Crucis di Carlo Farioli a Busto Arsizio.

I stazione
Il nazareno è condannato a morte

e alla finfine ecco i risolini
mostrando chiostre di trenta monete,
sarebbe il prezzo neanche poi pagato.
è buon mercato per queste persone
che nel saperci fare sono accorte
ma stringono, dicendogli che muore,
i fondoschiena per la loro sorte.

II stazione
È caricato della croce

gesù conosceva, già da apprendista,
il falegname addetto ai crocefissi
era ora un vicino del battista.
assembla  croci buone per più volte
che a riciclarle ci si spende meno,
questa è di terza mano in buono stato
nuovo è il dolore suo del nazareno.

III stazione
Cade la prima volta

gira sopra, la macina del cielo
ed abbagli sinistri manda il suolo
e cristo è bianco come una candela.
allora come corpo morto cade
batte il ginocchio contro la pietraia
da cui scintille incendiano gli sterpi
come se fosse la pietra focaia.

IV stazione
Incontra la madre

il caprone di luce, la cometa,
se la incorna sul tetto la capanna
dove è madre la figlia di sant’anna.
ripassa presso lei lo stesso astro
in spalla al cristo e trasformato in croce,
e nella siccità in cui si suda,
prega maria per l’anima di giuda.

V stazione
È aiutato da Simone di Cirene

anche nell’affannarsi come un mulo
è sempre peggio in bilico il ferito
e mai così il paese è divertito.
allora un qualsivoglia cireneo
poteva andare altrove è lì per caso,
non è un robusto ma gli dà una mano
lo tocca poi come farà tommaso.

VI stazione
È soccorso dalla Veronica

veronica è la mossa del torero
che inganna il toro con il panno rosso
mentre lo ammazza a piombo come un sasso.
il nome viene dalla donna ebrea
che asciuga il volto al cristo nel suo manto
reliquia che il fedele fa felice,
storiella nel romanzo d’appendice.

VII stazione
Cade la seconda volta

ormai la via è una giostra che va in tondo
andare avanti sembra controvento
e l’alto è in basso sottosopra il fondo.
rolla e beccheggia impenna giù in picchiata
poveri passi al suolo è rovinato,
con gambe braccia e quelle della croce:
è un cavallo di frisia e fil spinato.

VIII stazione
Incontra le donne di Gerusalemme

quando c’è aria di tirar le cuoia
secondo come si usa al sud le donne
strillano in coro fino a dare noia.
confrontarle con tutta la masnada
certo sono persino quasi gigli
ma cristo taglia corto “lacrimate
su voi” gli dice, “poi sui vostri figli”.

IX stazione
Cade la terza volta

come un pugile inerme contro tanti
gesù va giù per la sua terza volta
e la gente che è lì si sente assolta.
la tempia con le spine è su una pietra
sull’altra dà la croce una mazzata
e si sente che stride tutto il capo
come una noce quando vien mangiata.

X stazione
Viene spogliato delle vesti

pitagora divenne una leggenda
nel mentre che insegnava ai suoi allievi
stando pudico dietro ad una tenda.
ma chi ha spogliato nudo gesù cristo
e l’ha trattato uguale ad uno scemo
gli tocca d’aver visto il sesso a dio,
primato che noi non gli invidieremo.

XI stazione
È inchiodato alla croce

sul legno della croce il corpo a cristo
vien teso come corda di violino
perché la morte canti la sua vena.
sui chiodi i colpi a volte sulle mani
riparano nei vuoti di campana
da cui nel tempo al corso dei rintocchi
ridicono di dio in carne umana.

XII stazione
Muore in croce

è così poco il corpo che è rimasto
spremuto fino a un ultimo di voce
che pare pitturato sulla croce.
e man mano che i pugni anche sugli occhi,
la luce vista, è sempre minore
e alle tre in punto della meridiana
non ne ha voluto più sapere il cuore.

XIII stazione
È  consegnato alla madre

bastoni le sue ossa il corpo un fico,
lo calano che è un sacco di patate
si adagia come l’acqua in una buca.
maria che lui l’ha avuto nella pancia
lo sdraia su di sé gli fa da stuoia,
lo culla coi singhiozzi in cui lo serra,
li culla entrambi il sisma della terra.

XIV stazione
È deposto nel sepolcro

e finalmente sta fra due guanciali
chi lo voleva togliere di mezzo
quasi che gli vivesse sopra il gozzo.
più morto di così non si può stare
dentro il forziere di sua sepoltura;
loro hanno usate buone strategie,
lui ce ne ha una, fuori di misura.