"Pensiero speculativo espresso nei colori e nelle linee: così spesso viene definita l'icona. (…) La parola, in ambito figurativo, in un certo senso ferma il tempo. (…) L'artista si astiene dal comunicare al lettore ciò che non c'è nel testo della cronaca. Tutto è subordinato al racconto. (…) Il principio grafico predomina nelle miniature rispetto a quello pittorico". È questa una brevissima antologia di pensiero di Dmitrij Lichacev e del suo: "Le radici dell'arte russa. Dal Medioevo alle Avanguardie", un'autentica cavalcata nell'arte – ma soprattutto nella storia e nella letteratura – dell'antica Rus', di Novgorod, Kiev, fino al celebre monastero delle Solovki.
Dalle stagioni di Andrej Rublev ai tempi dei decabristi, Lichacev accompagna e insieme avverte il lettore: "La rinascita dei nazionalismi in tutto il mondo e i processi disgregativi che essi comportano sono una diretta conseguenza dell'incomprensione dei popoli, spesso frutto della insufficiente cultura umanistica, della disattenzione verso l'arte, mentre la cultura serve sempre a dissolvere le inimicizie e a conoscere i lati migliori, più sublimi di ogni
nazione".
Può tornare utile allora una visita alla mostra di icone, allestita – con efficacia e concentrazione – ad Induno Olona fino al 1 dicembre. Offerte allo sguardo del pubblico, una serie di icone, epifania del divino ed essenza di ieraticità atemporale. E, a proposito del tempo cronologico, può accompagnare il visitatore curioso, un'altra riflessione di Lichacev riguardante la cultura dell'icona, talvolta fatta ostaggio di persecuzioni iconoclaste, altre volte asservita, sottomessa o soggiogata. Altre volte, ancora, fiaccata o subordinata. Ma mai cancellata.
"La cultura della Russia odierna non è estranea alla cultura antico-russa. Il fatto importante è che la cultura antico-russa non venne mai sradicata". Pensiero che si fa tanto più interessante se proiettato verso due poli: l'estremo Oriente e l'estremo Occidente (Europa compresa).