Un proiettile in fronte, in uno scontro a fuoco a Monfalcone, durante la Prima Guerra Mondiale, fermò la vita di Antonio Sant'Elia, a soli 28 anni. Era un architetto brillante, anche se non ebbe tempo di realizzare alcuna opera. Per questo, qualcuno l'ha anche definito l'architetto "di carta". Eppure, forse anche per la sua tragica e prematura scomparsa, divenne un mito che, tra alti e bassi, resiste nel tempo, tanto che, con un po' d'ironia, ancora oggi è considerato il "Santo protettore" dai giovani studenti di architettura.
Antonio Sant'Elia lo si ricorda – oltre che per il progetto del monumento ai caduti di Como, in realtà lo studio di una centrale, commissionato da Marinetti poi realizzato da Terragni – soprattutto per il Manifesto dell'Architettura futurista del 1914, per il quale aveva realizzato diversi studi e disegni immaginando una Città Nuova o futurista.
Fulvio Irace, storico dell'architettura, definisce Sant'Elia un grande enigma. La sua Città Nuova è un insieme di frammenti di edifici sovradimensionati, che utilizzano le tecniche del cemento armato e inglobano dentro di sé movimenti di ascensori, di autostrade, di macchine e di linee ferrate.
Una città, però, fredda, senza persone, forse un po' allucinata, depurata di qualsiasi elemento accessorio, fino ad arrivare a una estrema semplificazione, che riporta alla mente certe immagini del film di Fritz Lang "Metropolis" . Una città che, come ebbe a dire Portoghesi, Sant'Elia non ha mai spiegato come potesse funzionare.
Eppure, ancora oggi le sue proposte, immaginarie, visionarie, estremamente essenziali, sono considerate dagli architetti molto stimolanti e, in ogni caso, fondamentali nella storia del pensiero urbanistico moderno.

Di qui, la serie di eventi programmati per ricordare i cento anni dalla sua morte nelle città in cui egli visse e lavorò più a lungo: Milano, Como, che gli diede i natali, Firenze. Ma, naturalmente, Sant'Elia fu anche Bologna, dove conobbe Giorgio Morandi, e Torino, per l'esposizione internazionale d'arte del 1902, dove apprezzò i secessionisti, Wagner e Hoffmann.

Ma vediamo più in dettaglio le manifestazioni programmate per i prossimi mesi.
Alla Triennale di Milano dal 24 novembre all'8 gennaio 2017 si apre "Il futuro delle città", dove in tre sezioni saranno esposti 40 disegni originali di Sant'Elia sulla sua idea di Città nuova, che è poi la Milano in piena trasformazione edilizia e urbanistica degli inizi del XX secolo. Una città che sale, che corre, piena di energie, che nel corso degli anni successivi ha mutuato molto dalle sue visioni. Nell'occasione verrà realizzato da Skira un catalogo che conterrà contributi critici e un ricco apparato iconografico.
Alla Pinacoteca di Como dal 25 novembre al 26 febbraio 2017, il centenario della morte di Sant'Elia sarà l'occasione per presentare ai visitatori dei modelli plastici in 3D dei suoi disegni. Ciò consentirà di comprendere meglio le diverse soluzioni architettoniche da lui studiate (torri, chiese, centrali, stazioni, case a gradinata, ecc.) e scoprire più a fondo la sua creatività, sempre alla ricerca di una estrema semplificazione, partendo da geometrie essenziali allo scopo di creare nuove spazialità.
Sempre a Como, presso il Novocomum dal 30 novembre al 25 febbraio 2017, è prevista la Mostra "Visione e regola" che cerca di interpretare il progetto del Monumento ai Caduti come tentativo di trovare delle corrispondenze tra futurismo e razionalismo. In realtà, Sant'Elia e Terragni – a cui, come abbiamo visto, si deve rispettivamente progetto e realizzazione dell'opera – erano figure lontanissime una dall'altra. Il primo visionario, il secondo razionalista, eppure quel Monumento ne rappresenta una sintesi particolarmente efficace. Sono previsti anche video artistici realizzati attorno al Monumento e testimonianze di esperti di varie discipline.
Infine, a Firenze il 2-3 dicembre presso l'ex Palazzina Reale della Stazione di Santa Maria Novella si terrà un Convegno internazionale su "Antonio Sant'Elia e l'architettura del suo tempo". L'intento è quello di scoprire le vere radici culturali dell'architetto comasco, sottraendo la sua opera all'idea di immaginario metropolitano, banalmente legato a suggestioni provenienti dagli Stati Uniti, e rivalutandone il ruolo, che non è semplicemente quello di una personalità visionaria e isolata, ma piuttosto quello di un intellettuale capace di distillare contenuti già presenti nell'architettura italiana e largamente condivisi.