
Antonio Sant'Elia lo si ricorda – oltre che per il progetto del monumento ai caduti di Como, in realtà lo studio di una centrale, commissionato da Marinetti poi realizzato da Terragni – soprattutto per il Manifesto dell'Architettura futurista del 1914, per il quale aveva realizzato diversi studi e disegni immaginando una Città Nuova o futurista.
Fulvio Irace, storico dell'architettura, definisce Sant'Elia un grande enigma. La sua Città Nuova è un insieme di frammenti di edifici sovradimensionati, che utilizzano le tecniche del cemento armato e inglobano dentro di sé movimenti di ascensori, di autostrade, di macchine e di linee ferrate.

Eppure, ancora oggi le sue proposte, immaginarie, visionarie, estremamente essenziali, sono considerate dagli architetti molto stimolanti e, in ogni caso, fondamentali nella storia del pensiero urbanistico moderno.
Di qui, la serie di eventi programmati per ricordare i cento anni dalla sua morte nelle città in cui egli visse e lavorò più a lungo: Milano, Como, che gli diede i natali, Firenze. Ma, naturalmente, Sant'Elia fu anche Bologna, dove conobbe Giorgio Morandi, e Torino, per l'esposizione internazionale d'arte del 1902, dove apprezzò i secessionisti, Wagner e Hoffmann.
Ma vediamo più in dettaglio le manifestazioni programmate per i prossimi mesi.

Alla Pinacoteca di Como dal 25 novembre al 26 febbraio 2017, il centenario della morte di Sant'Elia sarà l'occasione per presentare ai visitatori dei modelli plastici in 3D dei suoi disegni. Ciò consentirà di comprendere meglio le diverse soluzioni architettoniche da lui studiate (torri, chiese, centrali, stazioni, case a gradinata, ecc.) e scoprire più a fondo la sua creatività, sempre alla ricerca di una estrema semplificazione, partendo da geometrie essenziali allo scopo di creare nuove spazialità.

Infine, a Firenze il 2-3 dicembre presso l'ex Palazzina Reale della Stazione di Santa Maria Novella si terrà un Convegno internazionale su "Antonio Sant'Elia e l'architettura del suo tempo". L'intento è quello di scoprire le vere radici culturali dell'architetto comasco, sottraendo la sua opera all'idea di immaginario metropolitano, banalmente legato a suggestioni provenienti dagli Stati Uniti, e rivalutandone il ruolo, che non è semplicemente quello di una personalità visionaria e isolata, ma piuttosto quello di un intellettuale capace di distillare contenuti già presenti nell'architettura italiana e largamente condivisi.