L’Alhambra di Granada, detta “al-Ḥamrā” الحمراء , la Rossa è una foresta di costruzioni che racconta in sintesi la storia dell’arte islamica in occidente. Torri, stanze, cortili, palazzi, portici, fontane si inseguono fino ad occupare un’intera collina. Non è una fortezza, è una città nella città.

Siamo nell’Andalusia moresca, una terra dove, nel corso dei secoli, si sono incontrate, scontrate, stratificate e reciprocamente influenzate molteplici culture e tradizioni con risultati spesso straordinari, per quanto riguarda la produzione artistica e musicale.

La Reconquista dei regni musulmani di Al-Andalus, la Penisola Iberica, da parte dei Re Cattolici culminò quando, il 2 gennaio, Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia, entrarono trionfalmente in città, occupando l’Alhambra e scacciando l’emiro Boabdil, ultimo sultano della dinastia dei Nasridi.

 

Isabella decise di stabilirsi in questa corte meravigliosa, riconoscendo immediatamente l’evidente superiorità degli scultori e degli architetti arabi, rispetto a ciò che avevano prodotto fino a quell’epoca gli artisti europei.

Proprio quell’anno, qualche mese dopo, a Córdoba la Regina incontrò un italiano dalla parlantina molto convincente che aveva un sogno. Era l’anno 1492: quel sogno erano le Indie.

Attraversiamo con un gran balzo l’Atlantico e andiamo proprio nel continente scoperto da Colombo e conquistato dagli spagnoli nei decenni successivi.

Nella Cattedrale di Lima ritrovo lo stesso identico stile moresco che ho potuto apprezzare in terra spagnola ma anche in molti altri paesi, dal Marocco all’Iran.

Effettivamente il regno mussulmano, a differenza dei piccoli e frammentati stati europei dell’epoca, sempre in guerra tra loro, era un unico immenso impero con una sola lingua, una stessa religione e probabilmente anche un “sentire” comune, ben definito e riconoscibile, almeno per quanto riguarda l’arte.

Questa ciclopica cattedrale, inaugurata direttamente da Francisco Pizarro nel 1540, quindi meno di 50 anni dopo la Reconquista ma a più di 9000 Km di distanza dalla Spagna, in alcuni dettagli decorativi ricorda davvero le costruzioni arabe dell’epoca.

In particolare mi imbatto in una sorgente battesimale del tutto simile ad una delle fontane che ornano i cortili dell’Alhambra. Stessa voluttuosità nelle decorazioni, stessa delicata perfezione dei dettagli e medesimo gusto raffinato negli accostamenti cromatici.

 

Pare proprio che i costruttori spagnoli di questo edificio religioso abbiano voluto inserire elementi moreschi quasi per farli propri, per impossessarsi di un linguaggio talmente attraente da diventare parte del “pacchetto” esportato dai conquistadores.

Questi elementi risultano così ben armonizzati con il contesto che solo uno sguardo un po’ attento può cogliere la provenienza di questo stile. Sembra che gli spagnoli si siano voluti assumere il merito di tanta eleganza.

E’ incredibile aver trovato quest’opera in un luogo talmente remoto, nel quale ovviamente gli arabi non avrebbero mai messo piede, almeno in quel periodo storico.

La bellezza lascia sempre traccia.