Fioriscono le maratone poetiche del 21 marzo, giornata che dà inizio alla primavera e che è dedicata alla celebrazione della Poesia, e in cui ArteVarese ha deciso di celebra un anniversario caro a Guido Oldani, padre del Realismo terminale.
Sei anni fa, il poeta di Melegnano presentava «La faraona ripiena, bulimia degli oggetti e Realismo terminale» insieme a Giuseppe Langella e a Elena Salibra, curatori della raccolta, e con Gualtiero Marchesi, che per l’occasione aveva cucinato una faraona ripiena.
Luisa Cozzi ripercorre, qui sotto, il libro che rappresenta una tappa fondamentale del Realismo terminale.

RESISTENZA PER VIA D’IRONIA

Medici, matematici, filosofi, antropologi e psicanalisti, oltre che critici e poeti, discutono del Realismo terminale di Guido Oldani. Il terzo millennio è iniziato sotto pessimi auspici. Abbiamo venduto l’anima agli oggetti che noi stessi ci siamo fabbricati, alienandoci completamente in essi. Quale può essere, oggi, il compito della poesia davanti a questa bulimia degli oggetti? Realismo terminale non significa resa incondizionata al loro strapotere, ma piuttosto rispecchiamento dialettico, resistenza per via d’ironia. Rigenerandosi, anzi, nella similitudine rovesciata, il linguaggio poetico può trarne addirittura beneficio.

PANDEMIA ABITATIVA E BULIMIA DEGLI OGGETTI

Dieci interventi di altrettanti specialisti per commentare «un agile ma assai sostanzioso libretto insieme saggio, pamphlet e manifesto letterario»: «Il Realismo terminale» del poeta Guido Oldani. Oldani nel suo testo del 2010 constatava la drammatica e allarmante proliferazione degli oggetti, dei prodotti, delle cose, e la crescente bulimia che ne deriva nei soggetti acquirenti (in tutti noi), inducendo falsi bisogni e falsi miti, vere dipendenze e vere distorsioni mentali. Nella “pandemia abitativa” che caratterizza la contemporaneità, con migrazioni di popoli interi verso ormai invivibili metropoli, l’oggetto è divenuto il miraggio da conquistare, la status symbol che gratifica e consola, che produce insieme ricchezza e miseria, rifiuti e lavoro, sovraffollamento e desertificazione. Deforma l’arte e le coscienze, convince a comportamenti imitativi, provoca complessi di inferiorità o esalta indifendibili egocentrismi. Gli studiosi che in queste pagine confrontano le loro riflessioni al riguardo propongono diverse interpretazioni filosofiche della nostra relazione con le cose. Se i quattro saggi finali (Salibra, Sorrentino, Carboni, Rimi) indagano acutamente la poesia di Oldani in relazione alla sua originale e persuasiva teoria del realismo terminale, gli altri si interrogano più approfonditamente proprio sulla mutazione culturale (o genetica?) intervenuta negli esseri umani riguardo al possesso degli oggetti, divenuti non più strumento ma quasi esclusivamente fine, e proposta di modelli di sviluppo cannibalistici e distruttivi. Quindi oggetto come «entità di transito da produttore al consumatore» (Manca); «veicolo di messaggio… dal valore segnaletico» (Piscitello); rassicurante-ottuso-inanimato-mai inquietante invito al consumo nel bell’intervento di Carola Barbero; simbolo di una pericolosa trasformazione socio culturale nei coltissimi e acuti saggi di Carrera e Langella. Stiamo diventando una “faraona ripiena”, e terminale?