Iniziamo col parlare di "pubblicità": in che modo vengono valorizzati i musei civici? 

Che rapporto hanno con la città di Varese e soprattutto con il pubblico fruitore? 

Più che "valorizzare" noi facciamo ricerca e divulgazione culturale, un'attività di storytelling della nostra città, della sua storia e dei suoi monumenti che a Varese non ha pari oggi come oggi per continuità e qualità delle scoperte scientifiche. La "valorizzazione" è un effetto di questo lavoro.
Il dualismo tra valorizzazione e conservazione, tra comunicazione e cultura è un retaggio degli anni passati che dobbiamo scrollarci di dosso, pena il raddoppiamento dei costi e il dimezzamento dei benefici.

Se dobbiamo addentrarci nell'ambito della comunicazione e della promozione i Musei Civici di Varese dipendono dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Varese. Proprio l'Assessorato da alcuni anni a questa parte ha fatto un investimento in comunicazione dando vita al sito www.varesecultura.it, dove si trovano anche le informazioni sul Museo. Inoltre il Castello di Masnago ha una pagina Facebook, tra le più significative tra quelle consimili locali in forza dei suoi oltre 5.400 "like", e ha un profilo Twitter. Anche Varesecultura poi ha una sua pagina Facebook.

A breve tutte le immagini HD delle opere d'arte del museo saranno anche a disposizione del pubblico degli appassionati grazie a una cosa bellissima come Google Art Project.
Però il rapporto con il pubblico non lo testiamo su internet, ma concretamente, grazie all'incremento degli accessi al Museo (+22% negli ultimi tre anni); poi un momento importante è stato il successo della campagna di crowdfunding dello scorso anno, utile per pubblicare il catalogo della collezione. Il nostro primo pubblico sono proprio i varesini e sono loro che ci premiano visitando il museo. Il Catalogo ad esempio è stato edito grazie alle donazioni dei varesini e poi ci è stato richiesto da numerosi appassionati e biblioteche, italiani e stranieri: una declinazione di "think global, act local", una cosa che ormai è banale da dire.

Un punto cruciale è la qualità degli appuntamenti che si svolgono al Castello di Masnago nell'ambito dell'arte antica, ma non solo: in questo senso non ci stanchiamo di lavorare con studiosi da tutta Italia. Dopo questa primavera con Luini e le conferenze di Italia Nostra, posso preannunciare per l'autunno un'anteprima sul restauro della Sala delle Asse di Leonardo e appuntamenti sul Seicento. Tengo molto alla levatura scientifica dei nostri relatori, in quanto credo che ancora oggi pubblicazioni di ricerca ed esperienza sul campo valgano molto più delle grida sui social network.
Poi tra pochi giorni parte "Frammenti d'Autore", il cineforum sull'arte che sembrava una cosa impossibile da fare a Varese, prima del successo dello scorso anno.
Mi sembrano segnali positivi, frutto di un lavoro faticoso, che purtroppo ha avuto come limite la violenta diminuzione degli investimenti, che ha toccato tutti i settori dell'amministrazione comunale. 

Il Castello di Masnago può vantare un allestimento recente: in quale modo è stato pensato?

L'allestimento procede in ordine cronologico, tranne che in due sale, dove sono state ricostruite le collezioni Bolchini de Grandi e di Luigi Villa. Credo con decisione che la cronologia sia il modo migliore per raccontare la storia dell'arte.
Alle opere della collezione del Comune di Varese si aggiungono alcuni dipinti giunti al Museo in deposito da istituzioni, come l'Ospedale di Varese o la Guardia di Finanza, che nelle loro sedi non potevano esporle. Ora si sta lavorando con la Basilica di San Vittore per arricchire la sezione secentesca.

Il percorso museale racconta la storia dell'arte a Varese e in Lombardia, con approfondimenti che non sono dettati dal curatore, piuttosto dalle opere in collezione. Ad esempio grazie a Pagliano, Vela, Hayez, Bertini, Valaperta e Molteni si capisce molto della qualità dei pittori di Brera nell'Ottocento. Allo stesso modo è ben documentata la ritrattistica all'epoca della Scapigliatura.
Una cosa importante: le sale affrescate. La Sala degli Svaghi, è stata svuotata di opere d'arte e dalle sedie che si usavano per farci i matrimoni fino a cinque anni fa. Ciò permette la migliore fruizione degli affreschi tardogotici che sono il vero baricentro del percorso. Niente grandi pannelli didattici – non è una mostra o uno spazio asettico, bensì un castello medioevale – ma piccoli foglietti che le persone possono prendere e leggere con calma davanti alle opere.

Invece nella sala dei Vizi e delle Virtù si è mantenuta l'intuizione dei primi allestitori del Castello, Flaminio Gualdoni in particolare, che volle il suggestivo accostamento tra scultura contemporanea e affreschi medioevali.
Meno spazio che nel 1995 trova l'arte contemporanea purtroppo. In questo senso l'esistenza di due poli di rilevanza extra-locale sorti di recente come la sede F.A.I. Villa Panza e il MA*GA permette ugualmente a Varese e al suo territorio di essere una capitale delle arti figurative contemporanee.

Museo vuol dire oggi anche didattica: come è stato organizzato l'apparato didascalico nelle sale e quale offerta didattica propone il museo?

L'apparato didascalico del Museo vuole rispettare prima di tutto l'edificio quattrocentesco, inoltre – bisogna dirlo – è frutto del riuso di materiali di allestimento che al momento del mio arrivo erano appena stati acquisiti. Ogni opera è corredata da una didascalia con i dati tecnici, inoltre ogni sala ha un approfondimento specifico.
All'ingresso del museo sono in vendita tre guide che descrivono la collezione d'arte antica, quella d'arte moderna, gli affreschi del Castello.

Anche qui, come in ogni particolare, l'attenzione – che credo molto civile – è a ridurre gli sprechi, valorizzando i mezzi esistenti, soprattutto se sono un ufficio pubblico al servizio dei cittadini come il Centro Litografico Comunale, che stampa i materiali che trovate in museo.
Il catalogo generale della collezione – dove ogni opera è commentata in tutti i suoi aspetti in una scheda redatta da uno studioso scelto in base alla preparazione scientifica – è disponibile in consultazione per i visitatori del Museo, che possono gratuitamente portare una copia del volume con sé davanti alle opere d'arte e leggere la scheda che le commenta. Un'esperienza che consiglio assolutamente.

Ovviamente garantiamo laboratori didattici e visite guidate in quattro lingue, condotte da guide abilitate. Su www.varesecultura.it si possono trovare tutte le informazioni. Proprio la sezione didattica e la collaborazione tra pubblico e privato sono motore del successo di pubblico del museo, nonostante la contrazione delle risorse economiche.

A suo parere, quali sono ancora i nodi nevralgici su cui bisogna lavorare per migliorare maggiormente il servizio museale?

Ci sono molti nodi su cui lavorare e ne cito quattro, in completo disordine.
A Villa Mirabello abbiamo lavorato sul Risorgimento e sulla pittura accademica dell'Ottocento grazie alla multimedialità e l'esperienza è stata esaltante. Tutti quelli che vedono lo spettacolo multimediale che abbiamo realizzato restano stupefatti e sarebbe bellissimo fare un tentativo analogo anche a Masnago, magari dando la possibilità di crescere professionisti varesini nel settore.

Per quanto concerne le potenzialità di internet l'idea del crowdfunding è, secondo me, piena di futuro. La speranza è partire a breve con una cosa molto più grande del catalogo.
Le mostre – dopo i danni lasciati portati in molte cittadine medio-piccole dalle "grandi mostre" slegate dai monumenti locali – devono tornare al centro della programmazione con una nuova consapevolezza. Costano centinaia di migliaia di euro, ma, se fatte bene e con cura, possono parlare a un pubblico vastissimo.
Infine, nel campo della ricerca, manca un volume che parli del Castello di Masnago, dei suoi affreschi e del tardogotico tra Varese e Milano.

Questi sono quattro, tra i tanti progetti in cantiere, fermi al palo a causa delle poche risorse che ho a disposizione.
Siamo in tempo di crisi, si sa, non solo economica ma anche culturale. Come reagire? E soprattutto come reagiscono i musei civici a questa situazione?

Il Castello di Masnago reagisce facendo quotidianamente il proprio lavoro, semplicemente. Una cosa che non mi sembra da poco, tenuto conto anche del fatto che la congiuntura è grave. Di pochi giorni fa è la notizia delle difficoltà in cui è occorso il MIBAC per tenere aperto il Colosseo una sera: un episodio che dice molto.
In campo economico non mi pare di vedere in provincia di Varese attori culturali capaci di fare fund raising senza una base solida di contributo pubblico. 

Noi lo facciamo e anche quest'anno, partendo praticamente da zero, grazie a Varesevive, ai Rotary e al Comitato Culturale del CCR di Ispra torneremo in Sala Veratti con una mostra dossier e un volume sulla pittura locale del primo Seicento.
Al di là del punto economico, tra i nostri compiti c'è quello di predisporre continuamente nuove proposte per fare dei monumenti e delle opere d'arte un caposaldo della crescita umana a Varese.
Tra 2013 e 2014 ho predisposto, insieme ad altri professionisti – cito tra gli altri Jessica F. Silvani e Andrea Ciotti, i colleghi del Comune di Varese – progetti culturali per oltre cinque milioni di euro che riguardano reti museali, nuove mostre, multimedialità, nuovi musei.
Ora si lavora per realizzare almeno parte di questi progetti, ma non vedo l'ora di uscire dalla logica al ribasso – economico e culturale – che ha contrassegnato negli ultimi anni molti settori della nostra società.

Come si sta muovendo il Comune di Varese in ambito di "politica culturale" ?

Con Varesecultura è stato fatto, come dicevo, un grande investimento in comunicazione, nella logica di narrare in un unico luogo virtuale gli eventi culturali cittadini.
Allo stesso tempo, in ambito museale – che è quello che più mi compete – la riapertura di Villa Mirabello nella sua interezza e il Catalogo del Castello di Masnago sono due episodi destinati ad avere ricadute anche sul lungo periodo e sono felice di averci lavorato. A settembre riapriamo anche la Raccolta etnografica Castiglioni a Villa Toeplitz, completando così un percorso pluriennale di lavoro sul patrimonio culturale del Comune di Varese.

A Varese ci sono molte belle realtà che sono state sostenute dal Comune, che hanno attraversato con dignità e pochi soldi questi anni travagliati – quelli della mia generazione che vedono i budget con due zeri in più di solo sei-sette anni fa non possono che sentirsi abbattuti – e credo che ora questi protagonisti della vita culturale cittadina siano "sufficientemente temprati" – ci vuole tanta autoironia – e pronti per crescere.