Si comincia con l’aperitivo in una villa di Roma dove il regista invita attrici affermate e altre meno alla narrazione del film Diamanti. Tra un calice di vino e olive ascolane racconta di come vorrebbe trasportare sugli schermi il film ambientato nella capitale a metà degli anni settanta.
Elena Sofia Ricci declina, per motivi personali, la parte di Alberta Canova titolare esigente della sartoria specializzata nella realizzazione di costumi scenografici.
All’aperitivo partecipano il cantante Luca Barbarossa, Mara Venier incuriositi dalla trama ma non troppo convinti di farne parte.
Lo faranno.
Özpetek apparirà nella parte di se stesso e come accade in certi romanzi e in alcuni film qualcosa di autobiografico si svela agli occhi attenti dello spettatore e del lettore.
L’inquadratura finale sul calorifero potrebbe sostenere quest’ipotesi.
Il microcosmo è tutto al femminile, nella sartoria le donne svolgono le parti principali svelando vite fatte di timori, rancori, delusioni, paure e forza.
Forza e Determinazione.
Loro per antonomasia.
L’arrivo in sartoria della costumista premiata con l’oscar Bianca Vega, la quale sia per i tempi stretti e sia perché scopre di essere vulnerabile sotto l’immensa impalcature del successo, crea scompiglio oltre a ritardare gli ordini in procinto dall’essere evasi.
La presenza del premio Oscar porta anche orgoglio, ma dopo avere visionato i bozzetti la percezione delle sarte è di contribuire a un’enorme flop perché sarà proprio la costumista a non fidarsi del suo istinto artistico.
Condizionata dalla stanchezza e dall’esigenze del regista (Stefano Accorsi) radicato in cliché retorici, la confusione e la certezza di non farcela prevarranno.
Così come prevarranno le storie delle lavoratrici intrecciate in tortuose vie a mostrarci il significato di cosa sia l’amicizia.
Sarà la giovane e ribelle nipote della sarta più anziana rifugiatasi nella sartoria per fuggire alla polizia dopo una manifestazione a realizzare per caso parte delle idee di Bianca.
L’umore riprende quota ma non allontana la percezione del fallimento.
Il conflitto tra le due sorelle titolari condiziona il tempo e l’operato e sempre più la percezione di cadere nel baratro diventa prepotente. Entrambe subiscono la crudeltà degli eventi vissuti e quando Alberta, nascosta dietro al suo essere burbera e pretenziosa, incontrerà la fonte del suo malessere le reazioni saranno molteplici. Non le sarà importante comprendere il senso della vita ma viverla appieno ora sì.
Spesso il regista partecipa attivamente al film riportando lo spettatore alla narrazione allentando, forse, l’emozione del momento.
Lo fa anche Bianca in modo esplosivo.
Cede ai dubbi, spezza l’ambizione dei collaboratori creando qualcosa di inaspettato: la fine. Il costume principale non risponde a quanto volesse creare.
Non funziona.
Il vestito, il cuore pulsante di tutto il lavoro, non è venuto al mondo a causa di condizionamenti e dal non sapere osare, allora accade qualcosa che potrebbe apparire scontato ma è il modo con cui viene realizzato e non il risultato finale a essere fonte di riflessione.
Buona visione e buon ascolto perché la colonna sonora fa cantare e muovere i piedi al ritmo della musica tutta italiana.
Enzo calandra