Piccio, autoritratto del 1872Piccio, autoritratto del 1872

Fra oblii e celebrazioni sono trascorsi 140 anni da quel tragico 5 luglio 1873, giorno in cui il pittore Giovanni Carnovali detto il Piccio si immerse a Cremona per l'ultima nuotata nel suo amato fiume Po, dal quale fu travolto e restituito in una lanca a 30 kilometri di distanza, quattro giorni dopo.

Il suo ultimo ritratto fu eseguito a matita e carboncino dall'amico Francesco Corbari proprio pochi giorni prima della sua scomparsa. Il Corbari stesso scrisse sul disegno "luglio 1873" e poiché il Piccio fu visto per l'ultima volta il 5 luglio a Cremona, si presume che la sua morte sia avvenuta lo stesso giorno, mentre il corpo fu ritrovato il giorno 9, accanto a quello di uno sconosciuto, in una lanca del Po vicino a Coltaro, frazione di Sissa Parmense, come risulta dal verbale del ritrovamento del cadavere redatto il giorno 11 luglio.

Il disegno del Corbari assume quindi il valore di una testimonianza storica dell'amico annegato in circostanze mai chiarite, proprio nelle acque del grande fiume che tante volte aveva schizzato in disegni e bozzetti e nel quale si era spesso immerso per nuotate lunghe e benefiche alla malattia della sua pelle. Sepolto inizialmente nel piccolo cimitero attorno alla chiesa di Coltaro, come testimonia un altro disegno a matita del Corbari raffigurante il cumulo di terra della sepoltura, sormontato da una piccola croce, il Piccio fu riesumato e portato a Cremona solo il 6 marzo 1874 e dopo le solenni esequie "con molta partecipazione di gente comune e di artisti", fu ospitato nella Cappella dell'amico Bertarelli, dove ancora oggi un monumento ricorda colui che "pittore fra i sommi nacque, visse all'arte virtuosissimo". Il suo paese natale, che non si curò di richiedere le spoglie né partecipò ufficialmente al suo funerale, si ricordò di lui solo nel 1912, quando gli venne dedicato un monumento, innalzato nella piazzetta davanti alla casa natale.

Dopo la sua morte iniziò fortunatamente da parte della critica, primo fra tutti Ciro Caversazzi, una rivalutazione dell'artista che lo vide protagonista in varie pubblicazioni e mostre monografiche o a tema a Milano, Varese, Bergamo, Firenze, Cremona, Pavia, Roma, Piacenza e anche all'estero, dove alcune delle sue opere furono esposte a Parigi, Belgrado, San Francisco, New York, Il Cairo, Londra, Colonia.

Ritratto del Piccio, 1873, CorbariRitratto del Piccio, 1873, Corbari

Nel centenario della morte Bergamo dedicò una importante mostra celebrativa al "Piccio e artisti bergamaschi del suo tempo"; furono inoltre coniate a Bergamo e a Cremona tre diverse medaglie commemorative riproducenti il volto del Carnovali. Poi l'illustre artista tornò nell'oblio per alcuni decenni.

Nel 2004 sono finalmente i suoi compaesani di Montegrino, a risvegliare l'interesse di intenditori e di profani sulla sua opera con una originale mostra documentativa di riproduzioni digitali su tela dei suoi dipinti più significativi e la realizzazione di un video-documentario sulla vita e sul percorso artistico del Piccio. Il successo dell'evento spinge il gruppo di appassionati estimatori, già artefici della mostra, a fondare l'Associazione Culturale "Amici di Giovanni Carnovali detto il Piccio" – presidente Carolina De Vittori – che presenta ufficialmente il suo statuto nel 2006 e ancora oggi è promotrice di vari eventi culturali legati all'artista e collante dei numerosi Soci e collezionisti d'arte che hanno trovato nell'Associazione un punto di riferimento per la loro passione piccesca.

Nel 2007 Cremona espone un centinaio di opere nella mostra "Piccio l'ultimo romantico" e alla fine dello stesso anno Varese presenta al pubblico i disegni del Carnovali della collezione Piero Chiara, suo grande ammiratore.
A Milano la mostra sulla Scapigliatura del 2009 dedica il primo degli spazi espositivi al precursore degli Scapigliati milanesi e la Galleria d'Arte Moderna raccoglie i suoi dipinti nella rinnovata "Sala del Piccio".
Il 24 maggio 2009, a seguito di un "gemellaggio culturale fra l'Associazione "Amici del Piccio" e il Comune di Sissa Parmense, alla presenza di una numerosa delegazione di Soci montegrinesi e di cittadini sissesi è inaugurata la "Via Giovanni Carnovali detto il Piccio" a Coltaro (Sissa Parmense), di fronte alla chiesa dove fu sepolto il suo corpo, nel 1873, dopo il ritrovamento nel Po.

Quest'anno l'Associazione Culturale "Amici del Piccio" ha deciso di celebrare il 140° anniversario della sua scomparsa con tre eventi dedicati al "genio dell'acqua e della luce".
Il primo si terrà a Bosco frazione di Montegrino, il 5 luglio (piazza Cà d' Maté) alle ore 21.00 in collaborazione con il Gruppo Musicale Boschese che dedicherà alcuni brani dell'ottocento al Carnovali, introdotti da un "Omaggio al Piccio" di Carolina De Vittori; il 20 agosto a Montegrino, presso il teatro sociale, ore 21.00, saranno presentati filmati inediti relativi al Carnovali e a Piero Chiara (del quale ricorre il centenario della nascita), collezionista di disegni del Piccio e sarà allestita una mostra con foto di Chiara, disegni del Piccio ed esposizione delle tre medaglie commemorative del 1973. L'Associazione desidera inoltre coinvolgere gli studenti universitari attraverso l'assegnazione di una borsa di studio alla

La tomba del Piccio a CremonaLa tomba del Piccio a Cremona

miglior ricerca sul Piccio e sulla pittura dell'ottocento.

Cosa rimane oggi dell'arte di Giovanni Carnovali? Il pittore, nato nel 1804 a Montegrino, avviato agli studi presso l'Accademia Carrara di Bergamo, è oggi considerato come il più importante esponente del romanticismo lombardo, pur avendo sempre avuto ammiratori e detrattori, forse proprio a causa di quel suo modo di dipingere decisamente personale e moderno che suscitava incomprensioni fra coloro che apprezzavano solo la pittura classica e stupore fra chi aveva saputo intravvedere in lui un innovatore dell'ottocento.

Al termine degli studi, il Piccio si afferma come ritrattista dell'aristocrazia e della borghesia liberale lombarda, dalla quale ottiene non solo ospitalità ma spesso anche profonda amicizia, come le famiglie dei Conti Spini, dei Farina, dei Tasca, dei Beltrami dei Carminati, per le quali ritrae un gran numero di personaggi con vigoroso impeto realistico, che sono giunti a noi con le loro peculiarità professionali e fisiche, che l'artista aveva saputo mettere in evidenza con accurata osservazione, sulla scia della pittura di Fra Galgario e di Giovanni Battista Moroni.
Riservato e intuitivo, intraprese un solitario vagabondare nel corso del quale imparò a percepire ogni più delicata sfumatura che trasmise con la dissolvenza dei colori sulla tela. Il romanticismo del Piccio oltrepassa lo schema letterario, si anima nel paesaggio e nell'azione "dove tutto si fonde in una sintesi di colori, gesti, figure, natura, emozioni" come scrisse Silvana Milesi nel 1994.

Anche la mitologia, la storia antica, la storia sacra diventano soggetti che egli ama interpretare con genialità personale, non limitandosi a narrare l'episodio, ma evocandone i forti sentimenti, le passioni, i drammi che vanno a fondersi con il senso panico della natura.
I viaggi attraverso l'Italia e forse fino a Parigi indirizzano la sua ricerca verso il potenziamento degli effetti di luce e il dissolvimento della composizione accademica. Racconti, personaggi, paesaggi d'acque e di boschi vivono nella sua pittura, come scrisse Raffaele Carreri nel 1974, attraverso "vibrazioni di luce che li rendono eterni nel tempo. Per collegarlo ad una tradizione bisogna risalire a Leonardo, al Luini, al Correggio, ai grandi maestri veneziani. Nel cielo crepuscolare del Piccio sono passate queste comete… Poi la concitazione e il rapimento nei suoi dipinti, specie nei bozzetti, ci fa apparire la tavolozza di Renoir in anticipo di un quarto di secolo".

Anche se incompreso da molti suoi contemporanei, il Piccio non si curò della notorietà, delle lodi o delle polemiche. Continuò a procedere in quella apparente solitudine che "opprime e conforta i grandi", esplorando nuove vie alla ricerca delle fonti pure dell'arte.
Culmine di questa evoluzione può considerarsi il "Mosè salvato dalle acque" del 1866, considerato il suo capolavoro con "Agar nel deserto", per la bellezza della composizione, "per la grazia e la proporzione delle figure, per l'intensità dell'effetto delle luci" come osservò Gaetano Previati nel 1909. In questa splendida rappresentazione onirica, dove le acque dell'Adda si confondono con quelle del Nilo e le piramidi svettano dietro il Torrazzo di Cremona, la pittura del Piccio si spinge ben oltre il Romanticismo e prepara la strada alla Scapigliatura di Tranquillo Cremona, di Daniele Ranzoni, di Federico Faruffini. Nella luce e nell'acqua si stempera la sua vita.

Carolina De Vittori, Presidente Associazione "Amici del Piccio"