Il Maglio di Ghirla, veduta esternaIl Maglio di Ghirla, veduta esterna

C'è una storia di artigianato, tecnica, lavoro ed economia che nasce nelle valli prealpine e che nei manufatti sopravvissuti vive e si comunica fin dentro al III millennio. Una storia sociale, geografica ed antropologica che rischia di scomparire a causa del crescente scollamento tra territori e genti che quei suoli, un tempo non lontano, vivevano, lavoravano, amavano. Passiamo in prossimità del bivio per Ponte Tresa – Cunardo, al maglio di Ghirla: un dispositivo meccanico che funziona con sistema idraulico, alimentato e reso funzionante dal mulino sul torrente Margorabbia. 

La storia del maglio di Ghirla è legata alla figura di Mastro Ludovico Parietti che acquistò il maglio e il mulino, volendo avviare i nipoti all'arte di fabbro. Eravamo nell'ultimo quarto del XVIII secolo, quando si necessitava della lavorazione di attrezzi per la campagna, utili a contadini, allevatori e piccoli artigiani, prima dell'avvento delle macchine mosse dalla forza del vapore o, poco più tardi, da quella dei motori a scoppio. Dopo qualche passaggio di proprietà, il maglio venne ceduto alla famiglia Pavoni, anch'essi con azienda a carattere familiare e specializzati in articoli da maniscalco, ferri agricoli e oggetti forgiati. Lavorando con alterne fortune fino alla metà del Novecento, i Pavoni seppero mantenere alto il livello di un artigianato che fu in grado di offrire prodotti di pregiata fattura. 
Da uno scritto del 1997 di Gianalberto Ferrari si apprende come: "Gli antichi mestieri degli abitanti della Provincia di Varese sono citati negli archivi storici del territorio. Alcuni di essi, come il fabbro e il maniscalco, sono tipici della zona varesina. I prodotti che uscivano da queste botteghe erano oggetti di uso quotidiano e merce di scambio con le regioni confinanti: il Milanese e il Comasco. I trasporti, effettuati sempre con carri trainati da buoi e cavalli, che operavano per conto dei fornaciai, dei cavatori di pietra, dei conciatori e delle segherie, garantivano continuità di richieste per la manutenzione delle ruote, dei perni e dei ferri per gli zoccoli degli animali. Tra questi piccoli nuclei artigianali del ferro, degnamente si inseriscono Mastro Ludovico Parietti e la sua famiglia. Da documenti risalenti alla metà del XVIII secolo è possibile seguire l'attività di fabbro svolta dai figli: Francesco (1752), Ambrogio (1761) e Giuseppe Carlo (1763), inizialmente a Marchirolo. In luogo erano conosciuti con il soprannome di ‘smit', dal tedesco ‘schmied', fabbro".
Il Maglio, restaurato in anni a noi vicini, è oggi sede di esposizioni e rassegne culturali.