La stagione a San Pellegrino Terme non durava molto, dal 20 maggio al 15 settembre, solo il tempo in cui restava aperto il Grand Hôtel, un albergo grandioso e sfarzoso, disteso lungo la riva del Brembo e fronteggiato, in una stupenda cornice di verde opulento, dal Casinò.

Entro questo breve tempo e questi altrettanto brevi spazi, negli anni d’inizio Novecento che si è soliti chiamar belli (solo per pochi però), a San Pellegrino ci si coricava tardi la sera tra feste e balli mentre di giorno era tutto un passeggiare ozioso e riguardoso all’ombra fresca degli ippocastani lungo il fiume o un piacevole incontrarsi allo stabilimento delle tre sorgenti termali, raccomandate fin dall’autorevole guida rossa del Baedecker “contre la goutte et les maladies du foie et de l’estomac”.

Certo le acque salutari, ma nessuno vieta di credere che queste fossero un po’ il pretesto per andare una settimana, o anche di più, a far vita mondana, a vedere e soprattutto farsi vedere. Le signore erano impazienti di sfoggiare le “toilettes” su modello di Parigi, di far compere di cose inutili nei negozi sulla via delle Terme e magari anche..(ah, se i muri delle camere potessero parlare!); i signori invece toglievano subito dalla valigia lo smoking e correvano a sedersi ai tavoli del baccarat e della roulette e, se proprio bisognava far la cura per rimediare alle traboccanti scorpacciate, era stata per loro dirottata all’ingresso una fonte: un sorso e poi su di nuovo a sedersi ai tavoli verdi. (Nella foto: Una veranda del Grand Hôtel)

La Società proprietaria dei due edifici con l’intento di fare di San Pellegrino una stazione termale che potesse allinearsi ad Aix-les-bains, Baden Baden, Marienbad, Spa, Ostenda, non badò a spendere e per la loro realizzazione si affidò a un architetto non di grandissima inventiva ma bravo ad assecondare le esigenze degli amministratori: Romolo Squadrelli. Al Grand Hôtel e al Casinò  egli seppe dare, con la collaborazione preziosa per la parte tecnica dell’ingegnere Luigi Mazzocchi, un aspetto davvero spettacoloso allacciandosi da un lato alle forme del Liberty che stavano diffondendosi e dall’altro, soprattutto al momento di progettare il Casinò, alle ridondanze fastose esibite da Charles Garnier nell’Opéra di Parigi e nel Casinò di Montecarlo. (Nella foto: Particolare della facciata del Casinò)

Altro merito dell’architetto fu di coinvolgere nell’impresa mastodontica decoratori, plasticatori, ebanisti e fabbri ferrai di gusto aggiornato e di grande inventiva: Alessandro Mazzucotelli per i vibranti e sorprendenti ferri battuti, Eugenio Quarti con mobili modernissimi eppure raffinatissimi, lo scultore Vedani, prediletto dalla borghesia milanese per le sue tombe al Monumentale e il maestro dei cementi Giulio Croci autore delle menadi e delle baccanti sulla facciata del Casinò messe lì a incorniciare la sigla “CK”  a quel tempo esclusiva di “Casinò Kursaal”.

La stagione di tanto splendore non durò a lungo: dal 1904, anno della inaugurazione del Grand Hôtel, fino al 28 luglio 1917 quando una legge del ministro Orlando impose la chiusura delle case da gioco; da allora le acque salutari non furono più indispensabili per i doviziosi “habitués”, gli alberghi incominciarono a svuotarsi e anche il Grand Hôtel alla fine spense i suoi magnifici lampadari.

E oggi? Convinti tutti che la “Belle Époque” sia irripetibile, tuttavia, a ridar vitalità a San Pellegrino, che ha dalla sua anche una verdeggiante valle in taluni luoghi ancora amena, ha aperto da qualche anno uno sciccoso centro benessere dove ad accogliere gli ospiti sono, esemplarmente restaurati, proprio la grande e lussuosa hall e lo spettacolare scalone così tanto Opéra di quello che in origine era il Casinò.

Il Grand Hôtel invece per ora langue, ma fortunatamente non è caduto nella rovina e non è detto che anche per lui possa avvenire una rinascita. Pazienza se poi le sue camere non daranno più ospitalità a contesse e baronesse preziosamente ingioiellate e a cavalieri galanti ed eleganti. “Al Grand Hôtel sempre lo stesso: gente che viene, gente che va, tutto senza scopo” asserivano in un famoso film con Greta Garbo degli anni Trenta e nei Cinquanta la Wanda Osiris, lievemente malandrina, chiosava: “siamo tutti al Grand Hôtel/non v’è nulla di più bel…”.

Giuseppe Pacciarotti