Eccoli lì finalmente i due frescanti venuti dal Ticino a realizzare l'opera che il maestro Albino Reggiori non vedrà mai sui muri di Arcumeggia.

In questi ultimi giorni d'agosto, di un gran sole che lascia intravedere il lago della sua Laveno, l'Albino, l'Albino quello vero sarebbe venuto, burbero come lo si ricordava, avrebbe contribuito all'opera da par suo.

La cattedrale con il cesto, iconografia, in certo qual modo classica del suo repertorio, nasce insieme sotto le mani attente e preparate di Leo Tami e Piergiorgio Ceresa, i due pittori scelti proprio da Reggiori, usciti molti anni proprio dalla scuola dell'affresco dell'Usellini e di Guerino Morena, detto Guerra, 81 anni che sembrano non più di 60, per come scorrazza per il paese con carriola, attrezzi, malta e per come fratenizza con scale e trabatello.

Appuntamento alle 6.30 del mattino, oggi bisogna cominciare la parte inferiore dell'opera. Perchè il cielo, le guglie, la parte superiore della cattedrale è già stata realizzata nella giornata precedente. E il tempo stringe.

Si appoggia lo spolvero di Reggiori sul muro, con il tampone si fa penetrare la polvere attraverso i fori, si inumidisce il la stabilitura e si comincia a stendere il colore.

Così per tutta la giornata, mentre i radi passanti – ormai la stagione clou per Arcumeggia, volge al termine –  si fermano a chiaccherare e la padrona di casa sul cui muro si sta svolgendo l'evento, si affaccia seraficamente dalla finestra accanto a sbattere la polvere dai vestiti. La froze dell'abitudine per un paese che da cinquant'anni ha visto passare passare di qui il fior fiore della pittura all'aperto.

"L'unico rimpianto vero – ammette Luigi Sangalli, fotografo, gallerista, amico di Reggiori – è che questo affresco avrebbe dovuto e potuto essere fatto molto prima. Almeno nel 2000. Ma poi le cose non vanno mai come devono andare e non si fa mai in tempo raddrizzarle"