In lingua Thai significa “la Via della Gioia del Vivere” oppure, più semplicemente, “divertimento”. I Thailandesi attribuiscono grande valore a questo concetto, spesso ritenuto una componente imprescindibile di qualsiasi azione valga la pena di compiere durante la propria vita. Secondo la loro millenaria cultura persino il lavoro, lo studio, la preghiera e qualsiasi dovere dovrebbe contenere un elemento di Sà Nùk, altrimenti ogni adempimento diventerebbe soltanto una fatica ingrata e priva di senso. Le donne della Thailandia, ad esempio, preferiscono organizzare i lavori manuali in gruppo, in modo da evitare la solitudine ed assicurarsi una certa dose di chiacchiere e giocosità.

La massaggiatrice che mi ha preso in ostaggio, in un primo momento, parla in continuazione, scambia occhiate con le vicine, ride delle mie involontarie contrazioni: sembra divertirsi, nonostante immagino che la sua attività, ripetuta per ore tutti i giorni, potrebbe risultare veramente monotona e affaticante. Ad un tratto però si fa più seria e assorta, come se fosse entrata nella fase cruciale della sua opera. Unisce i palmi delle mani di fronte al viso, si inchina nel gesto del wai, simbolo dell’unione delle energie cosmiche, quindi riprende il suo lavoro con più vigore, intonando sottovoce una melodia dolcemente modulata. Mentre esegue il massaggio, sembra che mediti: probabilmente solo concentrandosi così riesce a percepire come vibrano i miei muscoli,  come scorre il sangue, dove orientare le sue digitopressioni.

Poi mi spiega, in un buon inglese: “Attraverso le mani io vi ascolto e ascoltare è di per se stessa un’Arte. Fare un massaggio è dare amore, riceverlo è come accogliere. Rilassandoti puoi imparare la capacità di trasformare il risentimento in perdono, l’invidia in amicizia, la paura in rispetto per gli altri. La vera sfida è restare distesi, lucidi, sereni di fronte alle difficoltà”.Il Nuat Phaen Boran, l’antico massaggio thailandese, viene praticato a terra, direttamente sul pavimento di legno di Tek, ricoperto soltanto da una stoffa, che adesso vola via leggera in balìa del vento circolare che continua a soffiare sempre più molesto, sotto l’approssimativo portico di legno dove ci troviamo.

Ora piove a secchiate. In una foresta talmente rigogliosa che vanta mille specie di orchidee  e forse più di 200 giorni d’acquazzoni l’anno. Io sono visibilmente intimorito dagli scrosci incessanti, ma lei, con calma eterea, ripete solo il suo mantra “MAI PEN RAI”: “non preoccuparti di nulla, andrà tutto bene”, che ora capisco essere, più che altro, un atteggiamento mentale, oltre che un intercalare molto diffuso qui, nelle terre Thai.

“Gli occidentali prima inspirano poi espirano; gli orientali prima di tutto espirano,  buttano fuori ogni cosa superflua. Voi siete per natura più portati a far entrare anche quello che non serve, mentre è più utile, a volte, sgombrare il campo per poter accogliere il nuovo. Guarda il fiume: fluisce, ripulisce, porta via tutto.  Non accumula. FA SPAZIO”. Questa è la sua ricchezza.

Ormai la tempesta piega paurosamente le fronde e il corso d’acqua che serpeggiavaleggero lungo il fianco della capanna, da magro rigagnolo in pochi minuti è diventato un impetuoso scolatoio di rami secchi, foglie e zolle di terra argillosa. “Tra poco smetterà di piovere, non temere – mi rassicura -. Bisogna amare il destino, qualsiasi cosa ci porti. E nel dubbio, sorridere sempre”. E conclude: “Il bocciolo del fiore di loto riassume in sé i princìpi del Buddismo: questa pianta può sbocciare anche in acque stagnanti e simboleggia la capacità della perfezione spirituale di fiorire anche in situazioni avverse”.

Alla fine del trattamento riapro gli occhi e mi rendo conto che la tempesta si è davvero placata. La massaggiatrice mi offre del Chahtai, il tea thailandese dal caratteristico colore rosso-arancio dovuto ai semi di tamarindo macinati, aggiunti al termine della preparazione. La ringrazio imitando il suo inchino e mi allontano, oltre che massaggiato e rilassato, certamente più ricco.

Ivo Stelluti