Particolare opera di ButinoneParticolare opera di Butinone

Lo splendore dell'arte – Dopo quattro anni di restauri Santa Maria delle Grazie può mostrarsi nella sua ravvivata veste ai turisti di tutto il mondo che si mettono in coda per l'Ultima Cena. Il termine dei lavori è stato ufficializzato il 6 di marzo nel chiostro bramantesco, con l'intervento del soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Milano Alberto Artioli e dell'assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi. 

I maestri di un tempo – Il restauro, curato da Paola Villa e sostenuto finanziariamente da Damiani, società orafa di tradizione e prestigio cui va il merito di tanta intelligente attenzione verso uno dei prediletti tra i gioielli dell'arte milanese, riguarda gli archi interni e le colonne in pietra della navata laterale sinistra e i dipinti di Bernardino Butinone, collocati sulla superficie di quattro pilastri. L'artista quattrocentesco arrivato da Treviglio dove era nato attorno al 1450, già allievo di Vincenzo Foppa e tutore del Bramantino, fu impegnato nel cantiere di Santa Maria delle Grazie con Bernardo Zenale tra il 1482 e il 1485. Nei lunettoni della volta centrale della chiesa, secondo la critica più recente è evidente il segno dell' invenzione di Bernardo Zenale, mentre l'esecuzione sarebbe opera, oltre che di Zenale, di Donato Montorfano e soprattutto di Bernardino Butinone. Tutti concordi invece gli addetti ai lavori nel ritenere quest'ultimo unico autore dei Santi e dei Beati affrescati sui pilastri che dividono le cappelle laterali.
I dipinti oggetto di restauro risalgono al periodo iniziale di costruzione del convento e della chiesa di Santa Maria delle Grazie, edifici voluti da Francesco I Sforza che aveva scelto come direttore dei lavori l'architetto Guiniforte Solari.

Dettaglio edificioDettaglio edificio

Personaggi tra storia e iconografia – Che il Butinone abbia avuto un ruolo di primo piano nella decorazione della chiesa è confermato anche dalla notizia certa di una pala da lui realizzata, commissionatagli dal conte Gaspare Vimercati, e realizzata nel 1490 (andata purtroppo perduta). E anche Frà Girolamo Gattico nella sua storia del convento del 1639 conferma che "il suddetto pittore pinse molte cose nella partita verso la chiesa del primo claustro et in chiesa". Il restauro ha riguardato le decorazioni dei pilastri e sottarchi corrispondenti della navata sinistra partendo dall'altare, e quattro dipinti: le figure di San Domenico, del Beato Reginaldo d' Orleans, di San Roboaldo e del Beato Jacopo. San Domenico da Guzman (1170-1221) è raffigurato calvo e in età avanzata, con i simboli del libro e del giglio, e ha sotto i piedi un tappetino orientale, a sottolineare l'importanza del personaggio. Il beato Reginaldo è identificabile con Reginaldo d'Orléans, morto nel 1220, che fu priore dei domenicani a Bologna e Parigi. E' ritratto nell'atto di ricevere dalla Madonna il bianco abito dell'ordine.
Roboaldo d'Albenga, fondatore in Milano del convento dei domenicani in S.Eustorgio, è invece effigiato mentre indica con la mano destra le parole abbreviate "Pacem et veritatem diligete, ait Dominus", scritte nel libro che regge con la mano sinistra. Il Beato Jacopo infine appare a mani giunte, in atteggiamento di devozione verso una piccola figura di Padre Eterno benedicente. Potrebbe trattarsi di Jacopo da Varazze (1230-1298), oppure del Beato Jacopo de Ariboldis da Monza cofondatore del convento di S.Eustorgio.

Particolare delle pittureParticolare delle pitture

Gli interventi – Prima del restauro i dipinti versavano in condizioni precarie, a causa dei consueti problemi che minacciano le opere d'arte milanesi, danneggiate dall'umidità e dalle polveri sottili.
Ha spiegato Paola Villa che il lavoro è consistito nella rimozione a secco dei depositi superficiali sulla pellicola pittorica, nel consolidamento degli intonaci distaccati, infine nella valutazione dei fenomeni di alterazione e delle diverse tipologie di restauro effettuate nel corso dei secoli. Tenendo conto dei risultati di tale indagine, si è proceduto poi a un restauro conservativo volto al mantenimento di tutte le informazioni utili raccolte, sia visive, sia di materiali utilizzati nei precedenti restauri.
Si sono per esempio mantenuti i rifacimenti ottocenteschi della decorazione delle specchiature basse dei pilastri e dei finti marmi. L'intervento d'insieme è stato orientato a un accettabile rallentamento del degrado in piena compatibilità con futuri interventi di manutenzione conservativa programmata. Si è infine calibrata la presentazione finale del restauro così da garantire sia l'identificabilità delle differenti fasi storiche, sia l'armonica fruibilità dell'insieme.