Restauratori, quale destino?Restauratori, quale destino?

Firenze, inizio del mese di luglio. Restauratori stesi per terra in sacchi neri da immondizia mentre i loro diplomi venivano calpestati: questa la singolare protesta davanti alle porte della Soprintendenza di un centinaio di professionisti provenienti da tutta Italia contro le modalità e i contenuti di un riordino del settore avviato nel 2001 e contro i vincoli imposti dalla normativa sul restauro regolamentata da un decreto ministeriale lo scorso anno. Piazza Pitti é diventata simbolicamente la «discarica» della professionalità.

Così, un intero comparto ha voluto dare una dimostrazione simbolica della propria condizione, dopo i vincoli imposti dalla normativa. Al fianco dei professionisti di un settore che, solo in Toscana, occupa 5.000 addetti, anche le istituzioni. Il rischio è quello dell'oligopolio, quasi una casta di restauratori che gestiscono il patrimonio artistico italiano.

Sul tetto della cattedrale – Intanto, quasi per un paradosso estivo, arrivano i primi aiuti per il Duomo

La terrazza del DuomoLa terrazza del Duomo

«malato». La Regione ha stanziato un milione di euro per il restauro conservativo della guglia principale. In questa occasione, nonostante il tempo di crisi, i lavori sono stati definiti con coraggio una priorità necessaria e non rimandabile. Il costo del cantiere è intorno ai nove milioni di euro e ora sarà necessario l'aiuto di tutti. E non solo per la guglia, ma anche per il museo del Duomo, che per riaprire ha bisogno di 10 milioni di euro. Così, tra Comune e Veneranda Fabbrica sembra aprirsi una breccia pacifica, dopo anni di liti e contenziosi. Era dal 2002 che non arrivavano più soldi sulle guglie. Ora la svolta. E intanto si fa avanti la voce di chi sostiene l'intervento popolare. Il critico d'arte Philippe Daverio suggerisce ad esempio: «Visto che la politica ha fallito, ci pensino i cittadini».

L'Arco della Pace in una vecchia immagineL'Arco della Pace in una
vecchia immagine

Qualche metro più in là, sempre in base al solito strano paradosso estivo, l'Arco della Pace si libera da sedici anni di pubblicità, polemiche e clochard. A maggio si è rivisto l'Arco della Pace liberato definitivamente dalle impalcature dopo un restauro-monstre che l'ha oscurato a intervalli per anni. Ed è tornato anche il jazz, quello che prima del cantiere, alla metà degli anni Novanta, animava le notti del «Cotton Club Jazz Festival».

Preda di restauri non omogenei, lasciati a metà per mancanza di fondi e pasticci, l'Arco della Pace ha visto avviata l'ultima tranche, con ripulitura dei marmi dallo smog e riparazione delle fratture, nella primavera del 2007, dopo dieci anni di attesa. Preventivo 700 mila euro, i soldi sarebbero dovuti arrivare dagli spazi pubblicitari e invece li ha sborsati tutti il Ministero per i beni e le attività culturali. Conseguenza: venti mesi di ritardo, i lavori sono terminati alla fine dello scorso aprile. E ci si è messo pure il maggio più piovoso degli ultimi cento anni a far slittare lo spacchettamento del monumento costruito nel 1807 su progetto di Luigi Cagnola per dare il benvenuto a Napoleone in città. In tempi di crisi ciò che si taglia più spesso sono cultura e ricerca e i progetti e lavori di restauro diventano il vero fanalino di coda del sistema paese.