Uno dei frammenti ritrovati nella chiesa di San PancrazioUno dei frammenti ritrovati nella chiesa di
San Pancrazio

La chiesa di S.Pancrazio: le tappe della datazione – Prima dei lavori eseguiti nel 2007, la datazione del piccolo edificio religioso risultava sfuggente, sebbene alcuni importanti agganci storici, permettevano di orientarsi nei secoli passati: anche Goffredo da Bussero, nel suo Liber notitiae sanctorum Mediolani, documentò l'esistenza di una Chiesa, dedicata a S. Pancrazio, a Vedano Olona.
I lavori di restauro, le indagini sul perimetro murario, gli affondi documentari e gli studi portati avanti da Ezio Chiesa, Lorenzo Cortellari e Silvano Colombo hanno permesso, come abbiamo già ampiamente documentato, di meglio chiarire la datazione: il ritrovamento di quattro finestre a tutto sesto, di alcune porzioni di mura dell'abside romanica originale hanno portato a definire la datazione del bene architettonico agli anni intorno al 1000. L'aspetto, a quell'epoca, doveva essere diverso da oggi: la chiesa aveva probabilmente una sola aula a pianta rettangolare, con una semplice abside. E con gli scavi archeologici si sono recuperati proprio sotto il pavimento i resti dell'antica abside originale romanica.

I frammenti di intonaco – Sotto il pavimento della sacrestia, buttati nello strato di preparazione del

Uno dei frammenti ritrovati nella chiesa di San PancrazioUno dei frammenti ritrovati nella
chiesa di San Pancrazio

pavimento del Seicento, sono stati ritrovati frammenti di intonaco dipinto. Fra questi, tre in particolare sono divenuti recentemente oggetto di studio. Il primo frammento mostra la parte inferiore di un volto, di cui si vedono l'occhio sinistro, il naso, la bocca e i capelli, scanditi in onde bionde.

Il secondo frammento reca il viso di una donna vista di profilo:
naso sottile, fronte piana, bocca piccola, capelli lisci, castani. Intorno alla testa si intravede un'aureola, si conserva anche un tratto della veste bianca. Sullo sfondo è dipinta una parete in muratura. Sul terzo frammento, quasi frontale, è raffigurato il viso di una giovane donna. I suoi capelli biondi sono poco visibili perché coperti da un velo bianco dal bordo ornato di pizzo rosso, mentre si distingue bene il giallo oro dell'aureola.

I tre frammenti di intonaco si possono considerare contemporanei e il loro stile trova parecchi confronti con gli affreschi di altri edifici religiosi del Varesotto. In particolare, sono forti le somiglianze con le pitture della chiesa di S. Stefano di Bizzozzero, opera di Galdino da Varese e datati alla fine del Quattrocento. Anche il motivo della parete decorata a mattoni del secondo frammento riporta a uno schema comune in Lombardia fra Quattrocento e Cinquecento. Daniele Selmi, che si è occupato dello studio degli intonaci, interpreta la donna del secondo frammento, data la sua posizione di orante, come una figura secondaria in una composizione più ampia, al cui centro si trovava l'oggetto di devozione.

Veduta di una porzione dei frammenti di San PancrazioVeduta di una porzione dei frammenti di
San Pancrazio

Una Madonna con Bambino? Il terzo frammento, invece, sarebbe avvicinabile ai numerosi esempi di Madonna con Bambino, che si possono ammirare sia nella chiesa di S. Stefano a Bizzozzero, sia a Binago, nella chiesa di S. Maria. Si tratta di soggetti tipici della pittura di devozione dell'epoca, caratterizzata anche da Santi, Pietà e Crocifissioni. Conferma la datazione degli affreschi fra Quattrocento e Cinquecento un'iscrizione incisa sull'altare, in caratteri gotici, che reca la data del 1444, anno in cui iniziarono i lavori di ampliamento della chiesa. E durante quei lavori, probabilmente grazie ad una buona base economica, fu possibile decorare le pareti con questi affreschi di pregevole fattura.

Chi ama le realtà storiche locali, le valorizza e dimostra ai turisti che anche noi vigiliamo sul passato e ne ricaviamo lezioni esemplari. Con questa frase, Silvano Colombo commentò i lavori di restauro eseguiti a S. Pancrazio.
Noi aggiungiamo che proprio perché locali, le realtà storico-artistiche di un territorio appartengono alla comunità e meritano di essere valorizzate. Solo così facendo si possono spingere le altre comunità a fare altrettanto, tenendo così viva la memoria.