V. Horta, Scala dell'Hotel Tassel, BruxellesV. Horta, Scala dell’Hotel Tassel,
Bruxelles

di Sergio Pesce

Lo sviluppo dell’Art Nouveau deve essenzialmente la sua nascita al clima culturale che interessò, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, l’Europa e gli Stati Uniti. Questo nuovo gusto artistico, che divenne poi una moda legandosi alla classe borghese, manifestò la sua volontà non celata, di porsi in posizione di contrasto con l’accademia e con gli stili storici del passato. La critica alla base del movimento, nacque a causa dell’utilizzo astorico compiuto dagli architetti e ingegneri nei confronti dell’eredità formale del passato. Certamente tale intenzionalità, ed è giusto ricordarlo, rispondeva in maniera più o meno puntuale alle esigenze date dal pubblico che voleva vedere colonne, pilastri e cornicioni, come elementi accessori all’edificio, anche se estranei (storicamente) ad esso. Questa “semplificazione”, aveva ridotto la tradizione degli stili ad un repertorio dal quale cogliere le forme volute.

Un’ulteriore protesta riguardò l’industrializzazione che riproduceva in maniera esponenziale tali forme, ormai decorative, a discapito del carattere artigianale che era insito nella loro genesi. Occorreva quindi una riforma delle arti, che riportasse l’intelligenza del lavoro manuale alla dignità goduta in passato, attraverso una rivalutazione dei mestieri e delle loro specificità.

Si cercò una ispirazione “naturale”, dove poter ritrovare la sua giusta collocazione mirando ad un rinnovato interesse per l’artigianato, come accadeva nel medioevo con le corporazioni.

Tra i maggiori esponenti de l’Art Nouveau, vanno ricordati William Morris e John Ruskin, che tradussero questa intenzionalità come uno strumento fondamentale atto a ricostruire una coscienza comune che potesse contrastare la “freddezza”, proposta allora dagli architetti. Questo stile si sviluppò nei paesi ove l’industrializzazione era maggiormente sviluppata, inserendosi prima nelle capitali per poi espandersi in provincia.

Proprio per il suo intento universale l’Art Nouveau, diventò una moda, arrivando a “toccare”, oltre che l’architettura, anche l’urbanistica, l’arte figurativa, lo spettacolo e l’arredamento.

La sua diffusione deve molto alle mostre, agli spettacoli e alle riviste che ebbero modo di ampliare la fortuna critica di uno stile che iniziò a legarsi, come detto, al gusto della borghesia. Ciò che si proponeva era la realizzazione di un prodotto ove la struttura (la sua funzione) e la sovrastruttura (la sua decorazione) fossero uniti in un solo oggetto artistico degno di interesse. Questo interesse per l’aspetto edonistico tese a trasformare e quindi a rivoluzionare la funzione della macchina. Da produttrice seriale di oggetti privi di valori, ad elemento fondamentale per il benessere spirituale di una intera comunità.

H. Guimard, Cancello del Castel Béranger, ParigiH. Guimard, Cancello del Castel
Béranger, Parigi

Il senso di rinnovamento dato da Ruskin si tradusse in una fase progettuale ove il richiamo alle forme della natura, legato ad un successivo e accurato studio dei materiali (metallo e vetro), potessero sviluppare la genesi della forma progettata. Questi elementi, fino ad allora, utilizzati per lo più nelle stazioni e negli edifici industriali, iniziarono ad ottenere una maggiore dignità e ad acquisire un valore piacevole che avrebbe dovuto risollevare (anche) la condizione della nuova classe lavoratrice, legittimando e valorizzando il suo operato.

Onde evitare un richiamo agli stili di un passato ormai lontano, contestato dagli stessi per il suo utilizzo astorico, i fautori del rinnovamento decisero di ispirarsi alle forme dell’arte orientale, in particolar modo a quelle offerte dal Giappone. L’intento non fu quello di imitarne lo stile ma di emularlo, ottenendone una visione occidentale che pur partendo dall’originale, generò qualcosa di diverso e di nuovo, che si tradusse nella asimmetria, nella figura della curva e nella tematica naturalistica.

Una felice trasposizione di questi valori la ritroviamo nella Scala dell’Hotel Tassel a Bruxelles, opera dell’architetto Victor Horta, ove un elemento funzionale, di servizio, diviene un elemento di studio caricato di valori decorativi che valorizzano la sua funzione.

Allo stesso modo si osserva il Cancello del Castel Béranger di Hector Guimard, ove pur non perdendo la percezione della sua funzione (struttura), veniamo ammaliati dalla composizione della decorazione (sovrastruttura) risolta con linee curve che divengono significanti nel complesso rapporto tra le due realtà del cancello.

Benché si sia parlato di Art Nouveau come stile che si proponeva di inserirsi in tutti gli strati sociali, dobbiamo comunque evidenziare come il richiamo Ruskiano di rifarsi all’artigianato, fu recepito solo per quelle opere destinate all’alta borghesia mentre i meno abbienti riuscirono a procurarsi dei prodotti che seppur pensati con lo stesso intento, erano spesso legati a forme banali e certamente generati dal procedimento ripetitivo della produzione industriale.

Un’analisi attenta sugli intenti di questo stile, denuncia, una sorta di “tradimento” delle premesse iniziali. Quella che doveva essere un’arte di rivalutazione del lavoro operaio, si trasformò in una moderna arte di corte, quindi d’élite, nella quale ad essere indagata fu la figura dell’artista nel rapporto con l’economia industriale.

Nel nostro paese, questo stile, chiamato Liberty, arrivò qualche anno dopo, a causa del ritardo industriale e della conseguente condizione economica del paese. Questo fattore assieme ad una tradizione legata allo storicismo e al nazionalismo, segnarono la poca fortuna critica dell’Art Nouveau in Italia, ove peraltro ancor oggi si possono osservare alcune piccole realtà che incarnando gli intenti originali di Ruskin e Morris, cercano, non senza fatica, di dare continuità al binomio di struttura (funzione) e sovrastruttura (decorazione) in un unico prodotto.