Oltre alla raffinatezza dell'ambiente, lo Spazio Lavit di Via Uberti a Varese ha due altre intrinseche qualità: la prima è l'estrema versatilità, grazie a cui ha potuto ospitare eventi, mostre, corsi ed esposizioni dei più svariati tipi e tenori. La seconda è la capacità di divenire puntualmente, una volta varcata la grande porta d'ingresso, sfondo e contenitore di incontri tra i più interessanti e culturalmente significativi si possano fare, se armati di curiosità, muniti di spirito di condivisione e predisposti al dialogo.

L'ennesima conferma di quanto sopra l'ho avuta qualche giorno fa quando, accolta dalla cordialità di Alberto Lavit, ho potuto visitare "in anteprima" la mostra di Luigi Gentile che aprirà ufficialmente i battenti alle 18.00 del prossimo Sabato 9 Novembre con una sua imperdibile performance, per terminare circa un mese più tardi, il 7 Dicembre.
Nonostante fosse ancora in fase di allestimento l'ambiente già appariva abbracciare con estrema naturalezza i colori e i bianchi delle grandi tele, dove il supporto non intende dividersi dalla materia pittorica; anzi, il suo candore fa quasi da padrone animando il contrasto tra pura luce e matericità

pastosa e brillante delle stesure cromatiche, divenendo a sua volta colore. Psicocromergia è il nome di questo nuovo genere che unisce, come suggerisce il nome stesso, energia istintuale, colore e suggestione psichica.

Allo Spazio Lavit sono riunite opere di grande valore storico ed artistico, che raccontano anni di dedizione e passione: dalle tele degli anni Sessanta e Ottanta in cui domina l'impasto cromatico, alla virilità lineare degli anni Novanta e Duemila dove il colore viene leggermente scostato in virtù di un segno sempre più fluido, sintetico e mai premeditato; siamo ai limiti della figurazione, in cui lo spettatore si fa mano a mano sempre più soggetto attivo: "Queste tele non terminano mai, sono nuove ogni volta e ogni volta differenti" afferma l'artista riportando il commento di uno dei molti ammiratori. Esse annullano lo spazio circostante: i limiti fisici della parete vengono abbattuti dal varco creato dalla tela stimolando l'immaginazione di ognuno. Per questo, come la nostra immaginazione, non trova ostacoli. Il fine? Migliorare la qualità della propria vita e del proprio tempo.

La sua opera si presta ad una lettura multipla, spesso anche avvalorata dalla sublimazione della resa figurativa: "la mano di questo Cristo offeso" mi spiega citando a esempio la sua celebre Via Crucis "non è semplicemente una mano, ma è rappresentazione del dolore stesso grazie alla sintesi formale di cui l'ho resa capace". È proprio questo infatti che

l'occhio percepisce.
I soggetti sono dei più vari, dalle bellissime nature morte, ai ritratti, alle rappresentazioni di animali, anche se ogni centimetro di tela può dirsi autonomo: l'armonia tra colore e linea rende infatti ogni parte del dipinto una piccola, potente rappresentazione astratta.

Tra le peculiarità del suo processo creativo troviamo l'assenza di qualsiasi errore, o meglio, la sua naturale ammissione; Gentile dimostra in tal modo come non abbia mai amato deviare il destino di una tela, annoverando nel corso della sua carriera una serie di atti di verità, senza l'innesto intrusivo e fastidioso delle correzioni.
In occasione del vernissage abbiamo avuto la possibilità di ammirare in diretta come l'artista abbia esplicitato le proprie emozioni, in un momentaneo, unico e irripetibile attimo creativo.

Mostra di Luigi Gentile "Istinto e Colore"
A cura di Laura Orlandi
Fino al 7 dicembre 2013
Orari: da martedì a sabato dalle 17.00 alle 19.30 o su appuntamento chiamando lo 0332 312801