Artevarese intervista Sergio Di SieroArtevarese intervista Sergio Di Siero

La severità ieratica dell'auriga di Delphi incontra le fotografie astratte e le immagini caleidoscopiche della contemporaneità, le "Vortograph".
La patina del tempo si trova affiancata ai colori accesi ed infuocati della pittura di oggi e dei passaggi fotografati.
Ancora una volta, alla Galleria Bucaro, l'arte del passato incontra la contemporaneità, nella ricerca di un Oltre, di uno sconfinamento di senso, di una soglia da oltrepessare.

Lo sguardo, le sue direzioni e le sue trasformazioni restano una tematica privilegiata per gli artisti, che trova espressione in diverse strategie di (auto)rappresentazione (dove, su chi o su che cosa si posa lo sguardo, che cosa cerca incessantemente, che cosa indaga in profondità?). Lo sguardo può direzionarsi secondo diverse modalità: assorto, sovrappensiero, immerso in se stesso.

Solo l'Uomo può rivelarsi all'altro, dando voce alla propria intimità, oltreché al proprio pensiero. Il volto e lo sguardo possono essere intesi non solo come "ritratti", quanto come complessa "inter-faccia" tra sé e gli altri (oltre che tra sé e sé), come luogo della possibilità/impossibilità dell'instaurarsi di relazioni tra soggetti. 

Sergio Di Siero, curatore della mostra, aperta al pubblico fino al 23 dicembre, ci guida all'interno della galleria di Francesco Bucaro, spiegando le caratteristiche stilistiche delle opere dei quattro autori presenti, i rimandi all'arte del passato e i significati semantici e simbolici.
Nel testo di accompagnamento alla rassegna, scrive: "Stella Ranza trasognata testimone d'un mondo che forse abbiamo perduto: fatto di angeli pensierosi, di maternità latenti, di idee senza ombre e figure sospese. Così dolci linee ci raccontano la bellezza dell'essere e il piacere d'esistere, mentre qualunque tensione si dissolve offrendosi docile al bacio della luce del sole. Samuele Arcangioli: i suoi "sguardi" ci scrutano fin nel profondo dell'anima. Dalle sue inquadrature ravvicinate l'artista ci interroga, ci pone domande e sa bene che non sappiamo dare risposte. Così ci perforano occhi tremendi che vanno lontano, oltre noi… chissà fino a dove.
Vittorio D'Ambros antepone la priorità dello stupore d'esistere alla fissità del classico. Scarnifica con forza, nel metallo, la regola che fu cara al nostro rinascimento proponendo un nuovo passato.
Ed è teso alla ricerca di un oltre che cerca "in basso", guardando fra gli uomini, la risoluzione dei dubbi.
Riccardo Ranza ci scrive con la luce di un desiderio di fuga. Nulla è deciso nel gioco ambiguo del tempo e della memoria. Perciò sfuggono le linee e sfugge lo sguardo della modella che da due si fa una. Lei è un'illusione, non è lì, è già andata via. Fra un solo secondo non ci sarà più. Se ne andrà… andrà oltre.
Non ultimo il San Sebastiano, presente in galleria, che con il discusso percorso che parte dal Reni, guarda in alto, verso il punto dove noi facciamo spesso fatica a guardare. Lo stesso punto a cui tende, in fondo l'opera d'arte". 

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