Street Art.
Un’arte nata illegale, che molto spesso viene criticata o additata come atto vandalico. Un’arte che ha il potere di dividere l’opinione pubblica, che genera confusione e di cui non si ha ancora la piena consapevolezza.

Ogni qualvolta ci troviamo a camminare per le vie delle città possiamo imbatterci in qualche muro più colorato del solito, decorato con scritte, tag, murales o quant’altro appartenga alla grande famiglia dell’arte urbana.

Ma che cos’è la Street Art? Ha un’origine? Una propria storia?

Con questo termine si raccolgono tutti i generi che vengono impressi su parete o su altri supporti tipici del contesto urbano come, ad esempio, i cartelli e le installazioni stradali o le saracinesche dei negozi.

Il lettering, la Stencil Art, la Stickers Art, il muralismo urbano sono solo alcuni dei particolari stili che compongono questa galassia in continua evoluzione. La Street Art non è un movimento unitario, ma un’amalgama di stili sempre in crescita che racconta non solo la realtà che ci circonda, ma rende vivo lo stato d’animo del writer. Un’arte critica che urlando fa parlare di sé generando nello spettatore emozioni e pareri contrastanti.

Il 1968 fu il trampolino di lancio di questa espressione murale che, in linea con la protesta studentesca ed operaia, criticò l’ordine precostituito dell’arte e della cultura. In Francia, in quell’anno, apparve la prima testimonianza di Poster Art grazie alle opere di Ernest Pignon. Queste, realizzate su carta e poi applicate su muri della città, riproducevano a grandezza naturale figure della tradizione, fantasmi della storia, la memoria troppo spesso accantonata. Opere immense che hanno condotto l’artista, classe 1942, ad essere considerato oggi tra i pionieri di questa corrente.

Nella New York degli anni ottanta, Basquiat, Hambleton ed Haring diedero vita ai primi segni iconici su parete affiancando il lettering, che in città andava per la maggiore, ignari che queste raffigurazioni avrebbero reso grande il loro nome portandoli a lavorare in ogni dove. Noto, ad esempio, è il murales di Haring a Pisa.

Nel 1981 la tecnica dello stencil, nota oggi grazie a Banksy, iniziò a manifestarsi sui muri francesi, mentre sul finire degli anni ottanta si iniziò a parlare di Stickers Art con la prima opera di Obey.

 

In Italia il panorama della Street Art e dei writer è vasto come la stessa penisola. Si spazia, infatti, dai murales del marchigiano Blu a quelli di Neve e Cheone; dai progetti murali in collaborazione con comuni e musei di Andrea Ravo Mattoni e Alice Pasquini; dai pinguini di Pao ai Vermi di Rouge; dalla poesia urbana di Ivan Tresoldi a quella dei Poeti del Trullo fino alle stampate del Movimento per l’Emancipazione della Poesia; dagli omini che compongono la famiglia degli ExitEnter a quelli degli UrbanSolid.

Opere che si possono ammirare non solo nelle grandi città, come Milano, Roma, Bologna e Torino, ma anche in piccole realtà come quella di Civitacampomarano, in Molise, che dopo un grave spopolamento dovuto alle limitate vie di comunicazione, ha ripreso colore con numerose opere murali, e anche a Varese negli ultimi anni, grazie a una serie di interessanti iniziative.

Numerose sono poi le riqualifiche di vecchie aree che hanno portato interi quartieri cittadini – Tor Marancia a Roma e NoLo a Milano ne sono un grande esempio –  a divenire musei a cielo aperto.

La Street art non è vandalismo, ma una forma di espressione che si serve della città per dare vita alla sua tela.

 

Ileana Trovarelli