La traccia del disegno guida la concezione della forma scultorea che si presenta monumentale e, insieme, ispirata alla cultura ancestrale e simbolica dell'antichità.
Le forme risentono della bellezza sinuosa, decadente e sensuale di Egon Schiele, ma anche del senso plastico più robusto di tanta scultura mediterranea. Nè mancano accenti spiccatamente lirici, trascendenti e quasi epici. In una parola, è come se i versi di Omero trovassero la loro declinazione in scultura.

Tra i diversi maestri cui guardare, Fabrizio Milani recentemente ha studiato i rilievi scultorei di Giuliano Vangi, nato a Barberino di Mugello nel 1931.
Il giovane autore ha già ricevuto numerose attestazioni positive da parte della critica, partecipando ad alcuni concorsi. Ora il suo percorso creativo e biografico si arricchisce di questa nuova esperienza al Museo di Gemonio, intitolato a Floriano Bodini.

Fabrizio Milani è nato a Gallarate nel 1988 e oggi vive a Jerago. Ha studiato come grafico all'I.P.C Giovanni Falcone di Gallarate e attualmente frequenta l'Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel settembre del 2011 ha partecipato al XII Simposio di scultura "Premio Antonio Berti". E nel mese di dicembre dello stesso anno ha partecipato alla XVI edizione "Natività nell'arte".

In occasione della rassegna personale aperta al Museo Bodini ed intitolata, "Santoni. Quando gli uomini guardavano alle stelle", Daniele Astrologo commenta in questo modo: "L'uomo plasmato da Fabrizio Milani ha un valore implicito che trova fondamento nella sua stessa struttura: tende al cielo con i piedi a terra. Il pragmatismo si coniuga con una dimensione spirituale tipica di chi si interroga sul mistero della vita. Di qui quell'aura di magia infusa in questi personaggi silenti e dai colori saturi di umanità. La loro carne è fatta di materie desunte dalla natura: terra cotta smaltata e legno di cedro. Tutto torna come nel ciclo della vita, senza ingerenze tecniche. Questi uomini, quelli che guardano alle stelle, hanno il dono dell'attesa e del rispetto. Sanno ascoltare e credono ancora nell'armonia dell'universo, di quell'universo di cui fanno parte. Basta preservare la propria innocenza. C'è un non so che di infantile in queste labbra fiorite, nelle guance arrossate, nel tratto delle ciglia; una dimensione arcaica, primitiva che ha come contrappunto formale la sintesi del corpo, un tronco senza braccia. L'azione, e le sue possibili declinazioni, non è contemplata. C'è solo la purezza dello sguardo, la magia del cerchio per racchiudere il senso interiore della vita".

La mostra, che raccoglie anche un'ampia selezione di disegni, resterà aperta al pubblico fino al 20 aprile.