Monza – Atmosfere bohémien nelle sale di villa Reale, con la mostra “La ville lumière” di Henri de Toulouse Lautrec. Nelle sale della prestigiosa dimora, il clima è quello di una Parigi di fine Ottocento dove si possono incontrare gli artisti di Montmartre, vedere il Moulin Rouge, i teatri e le riviste umoristiche. É il mondo raccontato dall’ artista, famoso per i suoi manifesti pubblicitari e i ritratti di personaggi che hanno segnato quell’epoca .
Centocinquanta opere, provenienti dall’Herakleidon Museum di Atene, celebrano il percorso artistico di uno dei maggiori esponenti della Belle Époque. Oltre ai manifesti, l’esposizione presenta litografie, illustrazioni, acquerelli, disegni a matita e a penna e illustrazioni per giornali. Ed ancora, video, fotografie e arredi che, insieme , ricostruiscono un nutrito spaccato di quel periodo.
L’itinerario della mostra, è scandito da 11 sezioni tematiche: dallo studio dell’incisione e la tecnica della litografia, alle Notti parigine e ai suoi protagonisti; passando ai disegni: dall’adolescenza alla maturità; alle riviste satiriche; il Moulin Rouge e gli spettacoli parigini; ai Cavalli e cavalieri (l’artista, si dice, amasse gli animali, meno delle donne ma più degli uomini); libri e collaborazioni editoriali fino alla Revue Blanche, dove risaltano le frequentazioni intellettuali, il rapporto con poeti e facoltosi mecenati. L’ undicesima sezione, intitolata “Toulouse e le donne” incornicia ballerine, spettacoli, svaghi serali, luci, teatri, cabarettisti e ritratti di donne, sole e silenziose. Sono le opere dedicate a questo tema, quelle che concludono il percorso espositivo e sulle quali occorre soffermarsi per la “gentilezza” narrativa e la poetica che l’artista ha saputo donare ai suoi ritratti, coniugando colore e sentimento. E’ infatti riuscito a cogliere in loro, le passioni, la solitudine, la disperazione, il desiderio di una vita migliore, che si nascondevano dietro a quell’ obbligato “donarsi” per sopravvivere. Nei bordelli, dove trascorreva le sue notti, osservava le ragazze per ore, in ogni movimento: mentre si truccavano, riposavano, ridevano, piangevano o giocavano. Con quelle donne l’artista stava bene, si sentiva libero. Con loro, infatti, non doveva vergognarsi del proprio aspetto.
Tra le immagini femminili celebrate da Toulouse-Lautrec, una in particolare rappresenta un sogno impossibile, d’amore. E’ il ritratto della misteriosa signora incontrata in un viaggio in nave e raffigurata con una straordinaria delicatezza, nella litografia “La passeggera della cabina 54” (1896).
La mostra, curata da Stefano Zuffi rimarrà in calendario sino al 29 settembre. Orari: martedì-domenica 10-19. Informazioni: 039.2240024

Il conte Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Monfa (24 novembre 1864 – 9 settembre 1901)

Di Lautrec si conoscono soprattutto le opere degli anni in cui venne lanciato dal mercante Maurice Joignant (dal 1891), e in cui realizzò la sua prima “affiches” per il Moulin Rouge, opera che lo rese famoso.
L’enfant prodige, fin da bambino (disegnava già a quattro anni) trovò nel disegno un inseparabile compagno di vita, insostituibile. La matita fu anche la fedele compagna durante la malattia. Intorno ai quattordici anni, infatti, la sua fragile salute iniziava a peggiorare. Soffriva di una deformazione ossea congenita, che gli procurava fortissimi dolori . La sua andatura iniziava a farsi malferma, aggravata da due importanti cadute in seguito alle quali riportò fratture che compromisero lo sviluppo scheletrico. Le gambe, smisero di crescere, così che da adulto, la sua figura appariva come affetta da nanismo.
Il pittore, come è noto, era grande frequentatore dei locali notturni di Montmartre dove iniziò a bere senza alcun freno, e dei bordelli. Prima di compiere trent’anni, era già schiavo dell’alcolismo.
Il conte Henri de Toulouse-Lautrec-Monfa, si spense il 9 settembre 1901, demolito dalla sifilide e dall’assenzio, all’età di 36 anni, assistito dalla madre disperata.
“Nano bevitore”, “piccolo conte” o “mezza taglia”, così tanti, anche gli amici, lo soprannominavano, probabilmente rosi di invidia per quel gigantesco talento e per l’infinità genialità di quel piccolo grande uomo che con le sue opere ancora suscita grandi emozioni e meraviglia.

E.Farioli