Un altro bagno in un Onsen mi attende, questa volta al quindicesimo piano di uno SPA Hotel della capitale.

Il tetto dell’edificio è stato suddiviso a metà per creare due vasche, una maschile e una femminile. Fin troppo facile l’accostamento con il concetto di Yin e Yang che si ritrova nello Shintoismo tradizionale e in ogni aspetto della natura, non soltanto qui in Giappone.

Per noi è l’ultimo giorno di viaggio: come di consueto mi concentro a riordinare le idee per scrivere le mie “impressioni d’Oriente”. Tra il vapore avvolgente e la luce confortevole del tramonto sulla città, si dirada però l’affollamento dei miei pensieri e sto quasi per addormentarmi.
Vengo ridestato poco dopo da un movimento dell’acqua. Credevo di essere il solo corpo immerso qui dentro ma mi sa che mi sbagliavo. Sono sprofondato nel liquido bollente fino al naso quindi non vedo quasi nulla perché il vapore si concentra sulla superficie dell’acqua e diventa più rarefatto solo qualche decina di centimetri più in alto. Intuisco la presenza di un’ombra che si avvicina.
Ho quasi timore ma l’ombra, forse per rassicurarmi, comincia a parlare.
«Tutti i giapponesi fanno conversazione durante il bagno! Il motto dei Samurai è “una vita, un incontro”» spiega quella forma quasi incorporea per giustificare l’interruzione del mio silenzio sacro. Potrebbe essere un uomo piuttosto anziano ma non riesco a vedere altro. «Noi la chiamiamo “comunione in nudità”: l’atmosfera rilassata permette di abbattere le barriere e far conoscere nuove persone.» Sto al gioco, saluto e mi presento. Poi tocca a lui: «io non faccio l’artista, io sono artista. Mi sento così e mi piace.

Disegno un enso ogni sera prima di dormire. E’ come un rito. Lo faccio da vent’anni: mi fa stare bene. Non serve altro» spiega sicuro.
Io ribatto: «un artista? Mi sembri la persona adatta per rispondere a una domanda che mi frulla nel cervello da due settimane, da quando sono ospite sulla vostra isola. Ma perché qui siete tutti felici, sorridenti, in pace? Non ho ancora visto un giapponese adirato, triste o addolorato. Eppure la vita scorre anche da voi, ci saranno momenti sfavorevoli o difficili. Lavorate tutti tantissimo, fate poche ferie, siete sempre indaffarati, insomma non vi arrabbiate mai?»

«La nostra indole un po’ riservata ci spinge a non mostrare troppo le emozioni. Ma è vero che molti di noi hanno sviluppato una grande forza interiore. Per raggiungere la felicità occorre instaurare un dialogo con sé stessi, parlare con la propria anima.»
E io a questo punto pongo un quesito da giornalista sfacciato: «ma che cos’è la felicità per un giapponese?»

Lui risponde senza scomporsi: «non è un’emozione che dipende dal raggiungimento dei propri obiettivi, è un modo di pensare, una condizione mentale che deve restare libera dalle influenze esterne. E’ un punto di partenza, non l’arrivo. Si tratta di avere consapevolezza della propria esistenza terrena. Nessuno è qui per restarci.» Poi mi racconta di alcuni santuari che vengono distrutti e ricostruiti ogni vent’anni per celebrare la fugacità della vita.
«Io ormai sono anziano e ho imparato un po’ tardi. Ma tu sei ancora in tempo. Sai, le persone felici si ammalano di meno. Non essere mai impermeabile a ciò che ti circonda, assorbi, impara. Tutto quello che succede porta a una trasformazione. Muta gradualmente, senza spaccature, evolvi. Tutto può cambiare. Il possibile precede il reale. Ma non voglio annoiarti con queste chiacchiere. Continua pure il tuo momento di raccoglimento.»

«No, ti prego, continua tu a parlare: stai camminando proprio sui miei passi. Mi piacerebbe vivere la mia creatività non come momento di distacco dalla realtà ma come modo di essere nella vita quotidiana. Non capisco però se è la strada giusta: a volte è faticoso, si viene travolti dagli eventi, non c’è mai tempo per essere sé stessi.»

«Certo, è questa la direzione. Continua così ma ricordati che il mondo va avanti anche se tu non ti affanni.» risponde lui. E aggiunge: «tutte le volte che qualcosa non funziona dovresti cercare di tornare al tuo momento prediletto, alla tua meraviglia. La felicità è la nostra casa, dove abita la luce, la calma, il nostro Daimon. Riscopri la parte migliore di te: E’ lei che ti riporta sulla via dell’armonia.

Quando ti senti infelice cerca di recuperare il valore delle relazioni, riafferrare il senso del tempo, respirare in maniera consapevole, nutrirti di pensieri positivi, interrompere le negatività appena si presentano alla porta. Smettere di lamentarsi: quello sì che è tempo sprecato.
Non ci si convince di essere felici. Alla felicità ci si allena. Circondati di persone che meritano la tua attenzione e vivi il più possibile nella natura: ricorda che esiste una relazione tra ambiente esterno e umore interno…»

Mentre parla però sento la sua voce allontanarsi e mi sembra che anche l’ombra si stia dileguando. La chiamo ma non risponde. Percorro tutta la vasca fino al limite: più in là comincia la vertigine della facciata dell’edificio. Sembra non esserci più nessuno intorno a me. Ma io con chi ho conversato fin ora?

Ringrazio ad alta voce quell’ombra, sperando mi possa udire. Poi mi rassegno. Forse ho sognato tutto.
Attraverso quelle parole però ho riconquistato la centralità della mia persona. Ora mi sento allineato con me stesso, anche se sono nudo, aggrappato al bordo di questa vasca di vapore, sul tetto di un grattacelo a diecimila chilometri da casa.

Sono pronto a mettermi in cammino per affrontare le nuove strade che mi attendono.
Esco dalla vasca e noto un altro asciugamano bianco appoggiato al bordo, che non è il mio.

Ivo Stelluti, il Viaggiator Curioso,
Tokyo, Giappone, 6 maggio 2019