Salvatore SettisSalvatore Settis

Unicità italiana – Ha preso per mano i presenti, Salvatore Settis. E li ha condotti con chiarezza, densità d'informazioni e riflessioni entro un cammino che ha attraversato gli snodi cruciali di un dibattito più che mai attuale: dalle antichità da proteggere alla tutela del paesaggio oggi in Italia. Dal rigore del diritto romano alle discrepanze delle leggi attuali. Dai primi editti emessi nel 1400 dai papi per arginare il fenomeno di appropriazione indebita degli oggetti d'arte dalle rovine antiche, principalmente fondati sulla cultura giuridica della Respublica romana. Sul principio della publica utilitas, ad esempio, la quale comporta il concetto proprio del diritto romano, denominato legatum ad patriam, ossia la possibilità che la proprietà privata possa essere limitata da un interesse superiore, qualora la cosa di proprietà acquisti un valore pubblico determinato dalla sua valenza estetica, storica, culturale. Un primato assoluto che entra nella nostra legislazione per la tutela dei beni culturali, unica rispetto a tutte le altre legislazioni nazionali.

L'articolo 9 della Costituzione italiana – L'articolo 9 della nostra Costituzione recita. "La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione". Risultato unico ed esemplare per tutte le altre legislazioni nazionali europee e non, che a volte lo hanno copiato (come per esempio, il Portogallo), ma che non lo hanno mai posto nei Principi Fondamentali dello Stato. Per Settis questo è il segno di come la cultura giuridica italiana sia radicata e conosca passi significativi compiuti nei primi decenni del Novecento grazie a studiosi, come Benedetto Croce che nella relazione che accompagnava la legge del 1902 a tutela della Pineta di Ravenna, affermava della necessità: "Di difendere e mettere in valore le maggiori bellezze d'Italia, quelle naturali e quelle artistiche (…) Il paesaggio altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della patria, con i suoi caratteri fisici particolari quali si sono formati e sono pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli". Egli, allora, era ministro della Pubblica istruzione e in un breve lasso di tempo, un anno e dieci giorni, fu capace di fare questa legge ed affermare questo principio.

Il disastro nazionale – "Le radici del disastro nazionale al quale stiamo assistendo", afferma l'attuale membro del Consiglio superiore dei beni Culturali, "affondano nella Legge Bottai del 1939, costituita da due leggi gemelle la n.1089, relativa al patrimonio dei Beni culturali e la n.1497, riguardante la protezione delle bellezze naturali". Questo sdoppiamento della materia indusse a specificare ulteriormente, soprattutto in materia di paesaggio, con la necessità di identificare porzioni di paesaggio soggetti a tutela a causa del loro notevole interesse pubblico, in virtù del principio della publica utilitas. Il compito di redigere i Piani territoriali paesistici era di competenza del Ministero della Pubblica Istruzione, con il coinvolgimento degli enti locali: gli elenchi venivano poi affissi nei singoli comuni coinvolti per permettere, eventuali rimostranze.
Vi era una smagliatura in tutto ciò. Il concetto di paesaggio si fermava alle soglie della città. La città era un'altra cosa, per la città ci sono le leggi urbanistiche, che la regolano, quelle del 1942 e del 1950. Il fatto è che la Legge urbanistica del 1942 non fu mai raccordata con la Legge sul Paesaggio. La Legge urbanistica propose percorsi misti e aggiunse ai Piani territoriali paesistici sul paesaggio, i Piani Regolatori territoriali di coordinamento che non aspettavano al Ministero dell'Istruzione, bensì a quello dei Lavori Pubblici. Questi due tipi di Pianificazione del Territorio, quello centrato sulla Città di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, quello centrato sul Paesaggio, di competenza del Ministero della Pubblica Istruzione, entrano inevitabilmente in conflitto. "Il mancato raccordo tra queste leggi è l'inizio di tutti i problemi che abbiamo attraversato e stiamo ancora attraversando" afferma Settis.

Italia una e trina – La legge via via assume un valore declamatorio, non prescrive più, tende a declamare dei principi. In questa sequenza c'è un processo giuridico espressivo, per cui il patrimonio paesaggistico dell'art. 9 della Costituzione viene progressivamente messo in nota, sepolto sotto normative che da un lato sovrappongono i piani urbanistici territoriali con i piani territoriali paesistici, dall'altro lato producono la nuova nozione di Beni Ambientali. Con parole semplici Settis ha sintetizzato: "Siamo riusciti senza guerre a moltiplicare il Territorio nazionale per tre: l'Italia n.1 del Paesaggio, l'Italia n.2 dell'Ambiente, l'Italia n.3 del Territorio. La superficie del nostro Paese è di circa novecentomila chilomentriquadrati con tre normative completamente diverse".

I limiti ai governi territoriali
–  Il prossimo primo gennaio dovrebbe entrare in vigore il nuovo Codice dei Beni Culturali, al quale Salvatore Settis ha partecipato quale presidente di una Commissione tecnico-scientifica chiamata a redigere e proporre una nuova versione del codice, che è stata approvata lo scorso aprile. I principi ispiratori sono le sentenze interpretative della Corte Costituzionale, che si sono imbattute spesso in un problema grave rappresentato dalla notevole aggressione del paesaggio avvenuta anche nel rispetto delle leggi vigenti. Come l'insigne relatore ha voluto sottolineare si sono voluti affermare i seguenti principi: a) il paesaggio è un valore primario ed assoluto; b) il termine paesaggio indica anche l'ambiente; c) l'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle bellezze naturali, ma l'insieme delle cose e dei materiali e della loro composizione che presentano valore paesaggistico. Nel cercare di dare un sistema armonico alla normativa sul paesaggio si è voluto affermare anche il seguente principio: "La tutela ambientale paesaggistica gravando su un bene complesso ed unitario considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, precede e comunque costituisce un limite agli altri interessi pubblici e in particolare al governo territoriale."

Il paesaggio come autocoscienza del cittadino – Evidentemente, interessi acquisiti troveranno più difficoltà ad affermarsi, esiste il partito del cemento, come Settis ha citato, che ha interesse di consumare la maggior parte del territorio. Aggiunge: "Il futuro della conservazione di tutto il nostro patrimonio complessivamente si gioca non, come spesso si sente ripetere a proposito dei musei, che sono importantissimi, ma il museo è importante come un pezzo di città, come la città è importante come un pezzo di territorio e di paesaggio. Quello che è il futuro della conservazione del territorio si gioca in quello che è la difesa del paesaggio, dell'ambiente, della cultura urbana, della consapevolezza dei valori civili e sociali, che vi sono associati. Io credo, che la scelta sia questa: o il nostro patrimonio culturale nel suo insieme, tessuto della città e del suo territorio inteso come unità, torna ad essere un luogo di autocoscienza del cittadino, un luogo di esercizio della cittadinanza, un luogo generatore di energia della vita politica nel senso alto oppure tutto è perduto".