Dalla porta a vetro e dalla vetrata della Galleria "Eroici Furori", in via Melzo 30 a Milano, si scorgono le morse originali rimaste intatte sui tavoli di legno massiccio.
In questo luogo, per oltre trent'anni, si sono svolte operazioni di restauro di opere della scuola veneta.
L'antico pavimento è straordinariamente composto da parti diverse tra loro, in seguito rimaneggiate con colori, inserimenti di pietre dure, fossili, quarzi, poi coperte di resina per dare omogeneità all'insieme; alle pareti, opere di arte contemporanea conferiscono all'ambiente il senso di una percorrenza temporale fra la storia del passato e la creatività del presente.

Si è quasi in soggezione nel premere il campanello di ottone posto appena sotto la maniglia, ma è la cordiale accoglienza della Signora Silvia Agliotti, titolare della Galleria, a stemperare il nostro velo di imbarazzo.

Una volta accomodati, la Signora ci osserva con ironia, in quanto presume quale sarà la prima domanda e non saremo certo noi a deludere le sue aspettative.

"Perché Eroici Furori?"
"Gli Eroici Furori è il titolo di un libro di Giordano Bruno, dove viene esplicitata la concezione che la passione e l'entusiasmo servono per arrivare al raggiungimento della verità e del divino. Sappiamo che Giordano Bruno fu un filosofo morto il 17 febbraio 1600, arso vivo in Campo dei Fiori a Roma perché volle sostenere le convinzioni copernicane e le proprie idee, in contrasto con quelle correnti della chiesa. Quando ho aperto la Galleria, mi sono ispirata al suo coraggio e soprattutto alla passione che ha messo nelle cose che faceva e di conseguenza mi sono sentita di "osare" nel perseguire una ricerca artistica lontana da mere scelte commerciali".

"Agli Eroici Furori, non solo mostre, ma anche presentazioni di libri, eventi musicali, conferenze, dibattiti".
"Tenendo presente che l'arte contemporanea ha pur sempre un ruolo dominante in questa Galleria, propongo altri eventi tali da connotare con forza le mostre in corso. Le stesse rassegne, sovente, hanno temi a sfondo sociale; per esempio abbiamo allestito una mostra sulla condizione femminile e contro la violenza sulle donne".

"Lei quindi ritiene che un gallerista non debba esimersi dall'operare, oltre che in campo culturale, anche nell'orizzonte politico e sociale?"
"In qualche misura sì, secondo me non è possibile proporre certe ricerche se si è scollati dal tessuto sociale e culturale. Per me operare in tal senso è naturale poiché provengo dal mondo della cultura: è una scelta indispensabile, se non l'unica possibile. Ad esempio collaboro anche con La Casa della Cultura".

"Questo luogo ha una storia precedente rispetto all'apertura della sua Galleria, come ha vissuto tale passaggio?"
"Era una bottega di restauro della scuola veneta e di questo spazio ho voluto conservare il più possibile l'esistente perché questi due tempi sono in sintonia con i progetti della galleria. Nel momento in cui propongo un confronto tra due generazioni di artisti, mi interessa il loro rispetto e collegamento con le tradizioni, il dialogo e la reciprocità. Non necessariamente devono provenire da Brera: è importante tuttavia che ci sia in loro qualcosa che li riconduca alla storia dell'arte italiana".

"Perché ritiene importante mettere a confronto un artista giovane con un maestro?"
"Chiaramente gli accostamenti seguono una logica. Ad esempio il dialogo astratto tra Valentino Vago e Nada Pivetta, il dialogo esistenzialista tra Gianfarnco Ferroni e Fabrizio Pozzoli, il dialogo in parte surreale tra le grafiche di Mirò e Gaetano Fracassio e l'ultimo tra Nadia Nava e Daniela Novello, due artiste abbastanza lontane ma con un comune dialogo poetico".

"La prima mostra è come il primo amore, non si scorda mai".
"La prima mostra ha riguardato un po' le mie origini. Provengo da una famiglia di gioiellieri di Valenza e quella mostra presentava i gioielli d'arte creati da Enrico Terzago che si era ispirato a Escher. C'era anche un africano: Mouhamadou Llamine Seck. Ricordo l'entusiasmo che ha caratterizzato l'apertura, anche se all'orizzonte si scorgeva il profilarsi della crisi che poi è sopravvenuta negli anni seguenti. Devo fortunatamente dire che, sino ad ora, bene o male, siamo riusciti a scalfire la negatività di questi momenti".

"Facciamo un gioco: le dico alcuni nomi di artisti che ha ospitato nella sua galleria e lei di ognuno esprime un'impressione. Alfredo Casali".
"Alfredo Casali… poetico, lirico, una pittura tenue, delicata".

"Nada Pivetta".
"Grintosa, una scultrice che ha una tempra molto forte. Si esprime con diversi materiali, le sue ceramiche sono bellissime, ma anche i bronzi. È molto decisa e forte".

"Davide Corona".
"Ironico. Il suo lavoro ha sempre un doppio senso, è intrigante e divertente. Ritengo sia molto bravo".

"Valentino Vago".
"È un grande, sia come persona sia come artista e non ha avuto i riconoscimenti che meriterebbe. È pittore nel senso pieno del termine, è uno degli esponenti dell'arte astratta più bravi in assoluto".

"Iros Marpicati".
"Mi piace la sua capacità di accostare la grandezza e la magnitudo di una città con prospettive taglienti, tali da rendere la figura umana indifesa e minuscola, anche se in alcune opere compaiono figure dormienti, forse segno di speranza".