Tappeto di caccia, 1542-43Tappeto di caccia, 1542-43

I magnifici dodiciCairo, Karapinar, Ushak, Ghiordes, Shirvan, Herat, tre Isfahan, Saryk, Kashan detto Tappeto delle tigri e probabilmente un Tabriz, ossia il Tappeto di Caccia, sono i protagonisti della mostra che sarà aperta fino in autunno al Museo Poldi Pezzoli. Insieme costituiscono una delle Collezioni più importanti a livello internazionale di questi manufatti, tanto che non molto tempo fa in assoluto anonimato, la moglie dell'Emiro del Quatar ha visitato il Museo, come la direttrice Annalisa Zanni ha svelato e tutto fa pensare ad un grande interesse verso il Tappeto di Caccia, vero gioiello della Collezione, magari per un prestito in una futura mostra in Oriente.

Le origini della collezioneGian Giacomo Poldi Pezzoli nel 1879 ne possedeva già tre: il Saryk, tappeto persiano con medaglioni ottagonali; il Tappeto delle Tigri, realizzato nella Persia centrale della metà del XVI secolo, animato da tigri, draghi contornati da bellissime decorazioni ispirate alla natura, e ad esseri fantastici. Inoltre reca una iscrizione poetica che paragona il tappeto ad un giardino, dal quale parte un sentiero che porta alla fonte della vita e recita: "hanno filato la sua trama con il filo dell'anima". Il terzo tappeto è di piccole dimensioni, detto la piccola "preghiera", di origine indiana. Gli altri nove: quattro sono di provenienza ignota, quattro sono stati acquistati tra il 1882 e il 1883 e poi nel 1923 è giunto al Museo Poldi Pezzoli, il Tappeto di Caccia, dopo un'avventurosa storia, che attraversa lo spazio e il tempo.

Tappeto delle tigriTappeto delle tigri

Il tappeto da re – "Questo è un tappeto pensato e voluto per uno scià, per un re della Persia" sono le parole scandite con voce tonante da Giovanni Curatola, Docente di Archeologia e storia dell'arte musulmana all'Università di Udine ed autore di un interessante saggio dedicato al Tappeto di Caccia di Milano. La tesi, sostenuta con tanta veemenza da Curatola è rappresentata dalla necessità di non considerare più tali manufatti espressione di arti minori, bensì come veri e propri capolavori come si farebbe per un'opera pittorica o scultorea. Soprattutto, quando si è di fronte ad un ‘tappeto da re', che nel caso del Tappeto di Caccia del Poldi Pezzoli, si differenzia da quelli utilizzati all'interno dei palazzi reali, per la scelta di alcuni materiali utilizzati nell'ordito e nella trama, che potrebbero suggerire un utilizzo adatto più per l'esterno, ma ciò non pregiudica assolutamente la qualità pregevolmente raffinata del Tappeto rispetto agli altri. Inoltre, il tema rappresentato, ossia la caccia, la ricchezza dei particolari del disegno, il progetto fortemente celebrativo del potere di una dinastia, quella Sciita, che negli anni in cui il tappeto fu realizzato, 1542-43, era alla ricerca di forte affermazione e identità, sono elementi a favore dell'ipotesi del diverso utilizzo ma da parte di un re, e di una corte imperiale, che concepisce il tappeto come opera artistica di altissimo livello e autocelebrativa.

Come un puzzle – Il frammento ritrovato ‘combacia' perfettamente con la parte mancante in alto a destra del Tappeto di Caccia esposto e valorizzato così bene al Poldi Pezzoli grazie all'allestimento entro una vetrina che lo accoglie e lo protegge dalla polvere e dal passare immancabile del tempo, che sembra però non lasciare alcun segno su di esso. Infatti, una cucitura fatta dieci anni orsono in occasione dell'ultimo restauro, realizzata in modo invisibile allo scopo di verificare se la posizione verticale dello stesso poteva con il tempo creare delle tensioni, o allungamenti anomali, ha rivelato che alcun danno ha subito lo stesso. Una conferma ulteriore della qualità del manufatto, dell'allestimento indovinato e della cura con la quale i restuari sono stati eseguiti. Grazie a Luisa Belleri e Annamaria Morassutti (Open Care – Servizi per l'arte) sono stati realizzati, sia il

SarycSaryc

restauro coservativo del frammento, sia la sua ricomposizione al tappeto originale, con l'imprescindibile generosità di Alessandro Bruschettini, che recentemente ha donato il frammento al Museo Poldi Pezzoli in qualità di ultimo proprietario dello stesso e grazie simbolicamente a John Eskenazi, conoscitore attentissimo dell'arte orientale, che già negli anni Ottanta aveva riconosciuto il frammento come uno dei pezzi mancanti al "tappeto da re" del Poldi Pezzoli.

Non solo Poldi Pezzoli – Questa preziosa mostra, che vedrà l'intera collezione di tappeti del Museo Poldi in esposizione, con una rarità come il Tappeto di caccia e il suo frammento ritrovato, (al mondo ne esistono soltanto altri tre di ‘tappeti da re', e col tema della caccia è senza uguali) è stata l'occasione, anche, per pubblicare una nuova e aggiornata edizione della guida dei tappeti del Poldi Pezzoli bilingue con il sostegno della Galleria Moshe Tabibnia di via Brera, 3 che da sempre sensibile alla divulgazione accademica e scientifica in contemporanea nei propri spazi espositivi proporrà esemplari di analoga manifattura, del XVI e XVII secolo, nella mostra dal titolo "Trame rivelate". Quest'ultima esposizione in estrema sintonia con la prima sarà, anche, l'occasione per conoscere i primi progressi del progetto MATAM, ossia del Museo altamente specializzato, dedicato esclusivamente all'Arte Tessile Antica, che troverà sede a Milano nel cuore di Brera e sarà inaugurato non più tardi del duemilaundici.

Il frammento ritrovato.
Il tappeto di caccia e altre storie

Dal 22 maggio al 12 ottobre 2008
Sede: Museo Poldi Pezzoli – Via Manzoni 12, Milano
Tel. 02 794889 – 02 796334
Orari: martedì – domenica h. 10.00 – 18.00 Lunedì chiuso
Ingresso: intero 8€ – Ridotto: 5,50€
www.museopoldipezzoli.it