Tra il Sacro Monte e l'architetto-pittore Arduino Cantàfora il legame è sempre stato molto stretto. Merito della sua formazione professionale, in primis, quella architetto appunto che vede nella montagna sacra luogo giusto di studio, sperimentazione, confronto tra ipotesi progettuali del passato e soluzioni del presente.

Merito, anche, del suo insegnamento in quella Accademia di Architettura di Mendrisio, giunta al suo decimo anno di vita, che diretta dall'illustre Mario Botta, in più di un caso si è rivolta al di là del confine e ha guardato con attenzione da perito allo straordinario monumento che sono le quattordici cappelle snodate lungo la via Sacra.

E' successo, ad esempio, nel 2001, quando venne organizzato presso l'università dell'Insubria un convegno dal titolo "Il Sacro Monte di Varese attraverso gli studi dell'Accademia di Architettura di Mendrisio", cui presero parte proprio Botta e Cantàfora per illustrare un lungo progetto di studio messo a punto dagli studenti.

E pochi mesi dopo, inaugurata dall'allora sindaco Fumagalli, in Sala Veratti, venne aperta una mostra dedicata ad uno splendido modello ligneo tridimensionale: un accurato modello architettonico complessivo di tutta la via delle Cappelle edificata a Varese nel Seicento.

Quell'esperienza di studio e di atelier ritorna oggi a pieno titolo nella personale che il Museo d'arte di Mendrisio dedica a Cantàfora, docente, si è detto, ancorché pittore coltissimo, filosofo di una nuova figurazione anacronistica che trae proprio dalla sua adesione ai principi dell'architettura il suo nutrimento.

Maestro, di una paideia visiva che educhi lo studente, ma anche lo sguardo di chi si sofferma sul suo quadro, a concepire le forme, e tradurle eticamente su piani leggibili, affidandosi ad una abilità sempre più antica e in questo senso davvero fuori dal tempo, ma non fuori luogo.

Alle 20 tele del maestro, ormai rinomato a livello internazionale, fa da controcanto una vasta sezione altrettanto importante in questa ottica educatica, ed è quella dei suoi giovani, e del suo sapere trasmesso. Ed è qui che tra gli altri cicli su cui si è appuntato il suo lavoro, ritorna il tema del Sacro Monte, questa volta ritratto, metafisicamente, con intatto il suo senso di ignoto e di mistero, come se fosse architettura viva.